by Editore | 12 Dicembre 2011 9:37
Non ci sono le risorse. Non lascia varchi il ministro per i rapporti con il Parlamento, Pietro Giarda, che in queste ore ha fatto da guardiano alla manovra «salva Italia» di Mario Monti. Non sarà modificato il comma 3 dell’articolo 29 che stabilisce la chiusura del Fondo per l’editoria per l’esercizio del 2013 e un suo dimezzamento per il 2012.
Così la stretta all’editoria non profit, di idee, cooperative e politica rischia di essere mortale. L’esecutivo ipotizza «riforme». La manovra, infatti, prevede la «revisione del regolamento di semplificazione e il riordino dell’erogazione dei contributi all’editoria» con effetti a decorrere dal primo gennaio 2012. Le finalità sono «il risanamento della contribuzione pubblica» con una «più rigorosa selezione dell’accesso alle risorse». Lo ha confermato il sottosegretario con delega all’Editoria, Carlo Malinconico dopo un lungo incontro avuto alla Camera con il ministro Giarda. «C’è un problema di risorse ha affermato non penso che il Governo modificherà l’articolo della manovra sull’ editoria». «So che ci sono giornali ha riconosciuto che avranno seri problemi a partire dal 2012. Ci sono più di cento testate che ricevono contributi. Dovremo avviare una riclassificazione, tenendo conto che ci sono sicuramente testate che esprimono istanze politiche e culturali, garantendo il pluralismo. Non così per altre». Troppo tardi, se questo vuole dire che il tetto delle risorse resta quello indicato dall’articolo 29 e se le risorse necessarie ai giornali «veri» saranno recuperati dalla «bonifica»: dall’esclusione dall’accesso ai contributi diretti di chi resterà escluso dai nuovi criteri.
Nessuna riforma avrà senso con «una situazione cimiteriale» ha commentato il Pd. Tanto più che l’emergenza come hanno denunciato i direttori dei giornali interessati, la Fnsi, Mediacoop e Fedecultura, la federazione dei giornali diocesani è già drammaticamente presente per l’esercizio in corso, per il 2011. È una gara contro il tempo. Oggi la commissione Bilancio voterà anche gli emendamenti all’articolo 29 della manovra. Vi sono quelli del Pd, del Pdl ed anche della Lega Nord. Alle richieste di aumento del Fondo per l’editoria sono aggiunte anche indicazioni precise su dove reperire le risorse necessarie per la copertura. Viene rispettato quel vincolo al saldo dei conti richiamato dal governo. Sono meno di cento milioni di euro.
Come hanno sottolineato nella loro lettera al premier Monti i direttori dei giornali politici e di idee, allo Stato costerà molto di più affrontare la chiusura dell testate e sostenere gli oltre quattromila lavoratori che rischiano il posto di lavoro.
«Il ministro Giarda non ha letto le parole del presidente Napolitano che chiedeva sì una bonifica, ma anche sostegno del pluralismo» commenta preoccupato il presidente della Fnsi, Roberto Natale. «Qui c’è solo rigore senza equità e senza sviluppo. Non ci rassegnamo conclude a lasciar morire 100 testate».
Dopo la lettera dei direttori era parso aprirsi qualche spiraglio. Sembrava fosse cresciuta la consapevolezza di quanto, in un quadro di forte rigore, fosse importante sostenere questo settore dell’editoria. Di quanto il pluralismo delle voci autonome e legate ai territori più che un costo rappresentasse una ricchezza per la democrazia. Ora siamo ben oltre le «leggi bavaglio» del governo Berlusconi. Siamo alla chiusura dei giornali che non hanno alle spalle i poteri forti.
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