by Sergio Segio | 2 Dicembre 2011 7:56
ROMA – La riforma-Fornero è pronta. Il neo ministro del Lavoro ha annunciato ieri a Bruxelles che lunedì il Consiglio dei ministri dovrebbe varare un pacchetto organico di interventi sulla previdenza. Ci sarà l’estensione a tutti del sistema contributivo nella forma pro-rata per il calcolo della pensione e l’accelerazione dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne dipendenti del privato, che dovrebbe passare già dal 2012 da 60 a 63 anni per poi agganciarsi a quella degli uomini già nel 2018 e non più nel 2026. Aumenteranno di un paio di punti percentuali i contributi a carico dei lavoratori autonomi attualmente intorno al 20-21 per cento. Ci sarà il blocco – anche se i dettagli devono ancora essere definiti – dell’adeguamento degli assegni (con l’esclusione di quelli al minimo) alla dinamica dell’inflazione dal quale arriveranno quasi 5 miliardi di euro.
Il ministro punta al superamento delle pensioni di anzianità , ma questo è anche il capitolo non ancora chiuso. C’è l’opposizione di tutti i sindacati e di una parte del Pd, mentre il Pdl e l’Udc potrebbero essere a favore. La soluzione più hard, sulla quale si sono concentrati i tecnici del governo, è quella di prevedere per tutti un’unica soglia di età contributiva a 41-43 anni per andare in pensione, con l’esclusione di coloro che hanno raggiunto 63 anni senza avere però quella anzianità contributiva: a loro verrebbe concesso di lasciare il lavoro, ma con una penalizzazione. In questo modo l’età di uscita tenderebbe a coincidere con quella della pensione di vecchiaia.
Se dovesse passare questa ipotesi, salterebbe il meccanismo delle quote che associa l’età con gli anni di contribuzione (fino alla fine del 2012 vale quota 96). In alternativa potrebbe esserci un innalzamento immediato delle quote, per esempio a livello “100”. Resta il fatto che la Fornero ha sempre criticato soluzioni a metà che coincidono sostanzialmente con dei rinvii. Meglio interventi organici che unifichino le regole e non distinguano tra generazioni. «Faremo una riforma incisiva – ha infatti detto – ma che rispetti il criterio di equità tra generazioni». Quello delle pensioni di anzianità , come tante altre volte nel passato (l’ultima con la Lega nel governo Berlusconi) sarà comunque il terreno dello scontro. Ieri il leader della Cgil, Susanna Camusso, ha ripetuto che «il 40 resta un numero magico». Un tetto invalicabile anche per Cisl e Uil. E va detto che ormai i due terzi delle uscite per anzianità avvengono attraverso il canale dei 40 anni di versamenti contributivi. Nel 2010 – dati dell’Inps – su oltre 174 mila pensionati per anzianità , 116 mila avevano 40 anni di contributi.
Sono destinate a saltare anche le cosiddette “finestre mobili” per lasciare il lavoro che, nei fatti, sono servite a far slittare, di un anno per i lavoratori dipendenti e di un anno e mezzo per gli autonomi, l’accesso alla quiescenza. Un allungamento della permanenza al lavoro che, tra l’altro, non ha alcun effetto positivo sull’importo del futuro assegno.
Pare sia ormai fuori dal menù l’ipotesi di anticipare dal prossimo anno e non più dal 2013, come previsto, il meccanismo che fa crescere l’età pensionabile con l’aumento della speranza di vita. A partire dal primo gennaio del 2013 l’incremento sarà di tre mesi.
Subito dopo le pensioni, il ministro Fornero ha annunciato che aprirà il capitolo mercato del lavoro, con attenzione in particolare alle donne e ai giovani. E, per quanto a titolo personale, ha voluto dire che punta pure all’introduzione del reddito minimo garantito. Sferzante il commento del segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «Mi pare un tema ripescato da pubblicazioni degli anni ‘70. Non so a chi serve, forse serve a mandare un messaggio a chi vuole essere suggestionato. Parliamo invece di pen
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