È Soraya il volto di Spagna
MADRID — Il padrone assoluto della politica spagnola, Mariano Rajoy, ha scelto la squadra che dovrà aiutarlo a portare il Paese fuori dalla crisi. Per una legislatura di sacrifici e tagli, ha cominciato riducendo il governo all’osso: solo 13 i suoi ministri, mai così pochi dalla fine della dittatura. Sette i legulei come Rajoy, 4 gli economisti e manager, un medico, un sociologo. Tutti fidati centristi, europeisti e liberisti. Rispetto al giovanilismo programmatico del predecessore José Rodriguez Zapatero, Rajoy ha scelto l’esperienza e alzato l’età media a 55,5 anni. Poche anche le donne (4), in confronto alle quote rosa dello sconfitto Zp che si auto imponeva come minimo il 50% di collaboratrici. Però, c’è un però. Il vicepresidente del nuovo esecutivo e portavoce di Rajoy, insomma l’«uomo forte» del governo del salvataggio spagnolo, sarà una donna. E, per di più, con i suoi 40 anni, la più giovane della squadra: Soraya Sà¡enz de Santamaràa.
Soraya è madre da un mese e mezzo, ma ha smesso di lavorare solo il giorno del parto. Le columnist dei rotocalchi, destra o sinistra su questo non si dividono, ne hanno fatto un modello. Addio dolce donna latina, le spagnole aspirano al genere torera. Squilibri ormonali, montata lattea e depressione post partum, se vuoi fare la carriera di un uomo, se vuoi essere considerata come un uomo, sono tutti lussi che non puoi permetterti, argomentano le giornaliste.
Il figlio di Soraya è nato l’11 novembre, il 20 c’erano le elezioni. Dopo otto anni di lotte per scalzare lo zapaterismo, era difficile immaginarsi un tempismo peggiore. E poi, per una abituata a essere sempre la prima della classe, a fare come minimo due lavori assieme, a debuttare senza rete in una miriade di incarichi di primo piano, che vuoi che sia un neonato?
Così il giorno dopo la nascita di Ivan, Soraya era in ufficio con la sua brava ciambella per la poltrona. Ancora dieci giorni e si affacciava al balcone del Partito popolare per festeggiare il trionfo di Rajoy (anche se senza saltare, come chiedeva la folla). A due settimane dal parto riceveva l’incarico di gestire il passaggio di consegne con il governo socialista uscente. Il tempo di chiedere, studiare e distribuire 16 mila pagine di informazioni (una collaborazione vinti-vincitori esemplare) e, a un mese e mezzo dalla maternità , eccola diventare vicepresidente. Olé.
Per spagnole e spagnoli, una super politica in azione non è una novità . L’ex ministro della Difesa, la socialista Carme Chacà³n, passava in rivista le truppe con il pancione e anche lei si è esibita in un puerperio express.
Il primo ministro Rajoy controlla il Parlamento, la maggioranza dei Comuni, delle Province e delle Regioni. Nel primo voto di fiducia, martedì, ha rinunciato al voto dei catalani perché in cambio gli chiedevano investimenti sul corridoio ferroviario del Mediterraneo. Non è tempo di mercato delle vacche, ha fatto capire. Ha risposto a muso duro ai baschi di Amaiur (indipendentisti filo Eta) che non partecipavano al voto perché «l’elezione del premier spagnolo non ci compete». Ma non può fare a meno di Soraya.
Accanto e sotto di lei, Rajoy ha scelto i più «tecnici» tra i politici dentro o vicini al suo partito. Ha mandato all’Economia un ex direttore Lehman Brothers, Luis de Guindos, e alla Difesa il presidente di una società missilistica, Pedro Morenes. Con loro vanno a nozze i teorici della cospirazione antidemocratica della Finanza internazionale. Al ministero della Giustizia, per una delle riforme più importanti in programma, va il sindaco di Madrid, Ruiz-Gallardà³n, un uomo che è stato determinante per la scalata interna al Partito popolare di Rajoy. Unica concessione, per compensare i falchi del partito esclusi dall’esecutivo, il via libera alla nomina a sindaco di Madrid, di Ana Botella, moglie dell’ex premier José Maria Aznar. La prima donna della storia. Il resto è tutto e solo per Rajoy e i suoi.
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