by Editore | 21 Dicembre 2011 7:41
Suscita in noi speranza anche la spinta che lei può offrire affinché il carcere, che offre una rappresentazione drammatica della detenzione sociale, esca da questo destino tragico.
Il governo, come prima urgenza dopo il decreto sull’economia, ha posto il dramma delle carceri. La ministra Severino ha cercato di rispondere al sovraffollamento con un allargamento della misura della detenzione domiciliare per chi ha una pena fino a diciotto mesi. Pensiamo però che sia necessario un cambio di paradigma, affrontando con decisione la presenza dei tossicodipendenti e dei consumatori/piccoli spacciatori nelle carceri italiane: ecco perché sollecitiamo la sua attenzione su questo nodo trascurato per ragioni incomprensibili, se non per il timore di toccare un tabù.
Nel giugno scorso, Antigone e Forum Droghe (con il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza e la Società della Ragione) presentarono il Secondo libro bianco circa gli effetti della legge Giovanardi sulla giustizia e sul carcere a 5 anni dall’approvazione.
Le ricordiamo alcuni dati eloquenti: su 68mila detenuti presenti alla fine del 2010, quasi 25mila erano stranieri, oltre 16mila tossicodipendenti e più di 27mila ristretti per violazione dell’art. 73 della legge antidroga (detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti). Sono questi numeri a convincerci che è indispensabile una sua iniziativa per liberare subito almeno 10mila tossicodipendenti dal carcere. Occorre coinvolgere le regioni, i servizi pubblici delle dipendenze, le comunità , il volontariato, la magistratura di sorveglianza per dare attuazione a un piano che abbiamo già elaborato anche nel dettaglio operativo e dei costi.
La legge sulla detenzione domiciliare ha il grosso limite di essere ovviamente inapplicabile per chi non ha un domicilio. L’ostacolo riguarda i detenuti stranieri – molti dei quali dentro per ragioni connesse all’uso di droghe: entrano in carcere per carenza di difesa e per norme criminogene e di stampo razziale. La legge prevede la possibilità di usare strutture di assistenza pubblica o privata per i soggetti senza casa. Le suggeriamo di chiedere alla collega Severino di impiegare le risorse della Cassa ammende (istituzionalmente finalizzata al reinserimento sociale) per far cessare la discriminazione etnica.
Perché finora non si è optato per una soluzione semplice e giusta? Da una parte il sovraffollamento ha mosso il partito degli affari legati all’edilizia, dall’altra non demordono coloro che per moralismo ideologico hanno scelto la via della repressione e della punizione. La coesione sociale non può essere una proclamazione astratta. Confidiamo in una politica delle droghe declinata con linguaggio sociale e non criminale, che punti sulle alternative al carcere e sull’accompagnamento umano.
Signor ministro, il carcere, oggi pieno di un’umanità emarginata e di vittime di leggi sbagliate e crudeli, è anche di sua competenza. Abbiamo fiducia nella sua sensibilità .
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