Diritti umani. Diritti tibetani
Avevano, in media dai 16 ai 24 anni. Il più anziano ne aveva 34. “Tutti i monasteri sono ormai occupati – continua il rieletto presidente incontrando Unimondo. Vi sono più militari che monaci. A violazione della spiritualità e della tradizione”. Vi sono recenti foto che mostrano monaci ammanettati, inginocchiati a terra, messi alla gogna con al collo cartelli con i loro nomi e i “crimini” di cui sono incolpati, come ad esempio “separatista”, o pubblicamente fatti sfilare stipati in automezzi militari. Si tratta di un’occupazione violenta, onnipresente, brutale (vedere il video). “La volontà è scardinare la cultura e la lingua. Se studi tibetano non hai od avrai lavoro. Solo mandarino. E dovete sapere che sono lingue che non hanno nulla in comune”. Perché il Tibet? Un motivo storico ed uno geografico. “Oltre ad essere un luogo ove tutti rivendicano le proprie origini,1,2 miliardi di persone dipendono dall’acqua potabile che discende dal Tibet. Ora noi ci ricordiamo tutti le dimostrazioni del 2008 a favore o contro i monaci tibetani. Da allora non cambiò nulla. Anzi. La repressione aumentò vertiginosamente. Paradossalmente la Cina del pugno di ferro, da Mao Tse Tung in poi, è stata meno violenta dell’attuale che sembra esser più collegiale. La verità è che dopo decenni di privazione comunista Pechino segue solo la “religione dei soldi, soldi e soldi” sopprimendo l’altrui pensiero e fede. Con il denaro corrompe ed anche i nostri giovani sono sempre più attratti dal gioco d’azzardo, dall’alcolismo e dalla prostituzione. Ci preoccupa molto vedere la politica cinese appoggiare regimi dittatoriali come l’Iran, Nord Corea, Pakistan e Myanmar / Birmania. Perché vender loro armi o fornire consiglieri militari quando non vi sono né ospedali e né scuole? Il Tibet è per tutt’altra politica e forse è la ragione per cui l’Impero si accanisce con tanta veemenza. “E la comunità internazionale?” “Gli Stati Uniti conoscono il problema è non è un caso la recente visita del loro Segretario di Stato a Aung San Suu Kyi o i discorsi che Obama sta tenendo in diversi paesi del sud est asiatico. L’Unione Europea non fa che chiedere Diritti e Democrazia ma alle dichiarazioni servirebbero azioni efficaci”. L’Associazione Italia Tibet ci ricorda che in questo scenario si sta diffondendo un movimento di resistenza nonviolenta in stile gandhiano che predica la non collaborazione con l’occupante e la strenua difesa della tradizione tibetana. Si tratta del Lhakar Karpo, il “Mercoledì Bianco”, che iniziato con sporadiche azioni verso la fine del 2008 comincia a coinvolgere un sempre maggior numero di persone sia all’interno della Regione Autonoma del Tibet sia nelle aree tibetane delle provincie cinesi. E’ stato scelto il mercoledì perché è il giorno in cui è nato il Dalai Lama” (quello vero che, dopo 369 anni di autorità politica ha abdicato, e non quello indicato dalla Cina). Anche se singole azioni di resistenza possono essere effettuate in qualsiasi giorno della settimana, ogni mercoledì un crescente numero di tibetani s’impegna ad indossare l’abito tradizionale, a parlare solo la lingua tibetana, a pranzare in ristoranti tibetani e a fare acquisti esclusivamente in negozi tibetani evitando in modo particolare i mercati ortofrutticoli han. Si vuole resistere contro l’occupazione fisica. “In Tibet e Turkistan – prosegue il Presidente del parlamento, vi sono, ormai, metà cinesi e metà indigeni mentre in Mongolia i cinesi hanno raggiunto già quota 80%. Ovunque Pechino vi costruisce città nuove di zecca, spazzando via ogni simbolo antico”. Oggi 10 dicembre vi sarà la ricorrenza della Giornata Internazionale dei Diritti Umani. La Comunità Tibetana in Italia e l’Associazione Italia-Tibet indicono una manifestazione di protesta contro la violazione dei Diritti Umani in Tibet e per raccogliere la volontà dei dodici tibetani che si sono sacrificati per il loro paese. Il luogo di ritrovo è a Milano – Piazza Bonomelli, angolo Via Benaco (nelle vicinanze del Consolato cinese) Ore: 14.30. Per chi, i più, non potranno partecipare invitiamo ad aderire alla campagna “Mandiamoli a casa” contribuendo anche noi all’autonomia del tetto del mondo e a non acquistare, per Natale, alcunché Made in China. Fabio Pipinato
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