Dal San Raffaele ai call center: Daccò e la fabbrica dei crac

by Editore | 21 Dicembre 2011 9:26

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MILANO — Bisogna mettere insieme frammenti di tante vicende per costruire il quadro complessivo. Nelle carte giudiziarie note c’è poco, solo una traccia, il nome di una società  su cui transitavano le «stecche» pagate dai fornitori del San Raffaele: la Ti-Cam Handels di Vienna. Per capirne di più bisogna andare proprio a Vienna in Bà¶rseplatz 4 e a Lugano in via Peri 17. Alla fine si vedrà  come il crac di Eutelia e di centinaia di call center, il tentativo di scalata a una società  in Borsa, un’offerta d’acquisto per la Bertone, il fallimento della Cartiera di Arbatax siano storie che lambiscono il mondo di finanziarie estere, consulenti e fiduciari che risucchiavano il «nero» del San Raffaele.
Anzi c’è un filo comune, e lì in mezzo ci sta una sconosciuta multinazionale, Cam Group International, sedi in quattro continenti ma pochi affari, quasi servisse da copertura. Indizi e testimonianze la riconducono a Piero Daccò, il faccendiere vicino a Cl indagato insieme ad altri per bancarotta e associazione a delinquere nell’inchiesta sull’ospedale di don Luigi Verzé.
La cricca del crac 
Il gruppo aveva emissari in Italia, «professionisti» (gente più volte arrestata e condannata) con il pallino dell’information technology. Specializzati nel lavoro sporco. Arrivano carichi di promesse, se ne vanno lasciando le macerie di società  fallite. Spiccata preferenza per call center e società  di tlc in crisi. Eutelia, Phonemedia e la quotata Omnia Network tra le vittime.
È la cricca dei crac. Legati alla Ti-Cam Handels (Vienna, Bà¶rseplatz 4) e Cam Group International (Lugano via Peri 17). Avvoltoi del mercato, ricchi e sprezzanti: «Se anche l’azienda fallisce — diceva uno di loro al telefono — io continuo ad avere autista, villa ed elicottero». Nome? Antonangelo Liori, ex direttore dell’Unione Sarda, radiato dall’albo giornalisti, appena condannato in appello a 8 anni e 6 mesi per la bancarotta della Cartiera di Arbatax. A Claudio Massa, un altro del «giro», hanno dato 4 anni. Insieme a Sebastiano Liori (fratello del primo) e altri, è imputato nel processo Eutelia/Agile. Dietro di loro s’allunga l’ombra di Piero Daccò. E qui conviene riannodare il filo dei fatti.
La Ti-Cam di Daccò
Il nome della società  austriaca Ti-Cam Handels (Ti-Cam) emerge dalle carte dell’inchiesta sul San Raffaele. È uno dei veicoli esteri delle tangenti che i fornitori pagavano per avere appalti. Fernando Lora della Progetti srl aggiunge un particolare fondamentale: «Pensavamo che il denaro andasse alla fondazione Monte Tabor» e invece a fine ottobre a Lugano l’uomo di Daccò gli dice «che tutte quelle società  che avevano ricevuto bonifici da Progetti srl facevano capo a Piero Daccò». Dunque anche Ti-Cam. Altro non c’è nelle carte giudiziarie. Ma i registri commerciali di Vienna rilevano che Ti-Cam appartiene alla cipriota Intercam Overseas. Del resto Daccò non ci mette la firma, si muove silenzioso e clandestino come un sottomarino. La cipriota Intercam è nel perimetro societario di Cam Group International, con base a Lugano. Se ne deduce che se la Ti-Cam «fa capo» al faccendiere amico di Roberto Formigoni anche il gruppo Cam è riconducibile a Daccò. Non è un caso, allora, che la sede principale di Cam Group sia a Lugano in via Peri 17 dove fino a pochi mesi fa c’era la Iuvans, storica holding di Daccò. L’una (Iuvans) e l’altro (Cam Group) sono gestiti dallo svizzero Fabio Parini.
Piazza Affari e il Congo 
Fu proprio la Ti-Cam nel marzo del 2009 ad acquisire il controllo (con l’impegno a versare 12 milioni) di una società  quotata in Borsa e in grave crisi: la Omnia Network (call center). In pista per gli svizzeri c’era Sebastiano Liori che divenne vicepresidente di Omnia Network. I 12 milioni nessuno li vide, Ti-Cam si defilò di lì a poco ma nel frattempo il lavoro sporco dei licenziamenti era stato fatto.
Il periodo? Marzo-settembre 2009, stesso lasso di tempo delle fatture incassate dal fornitore del San Raffaele. È in quei mesi (maggio 2009) che Ti-Cam tenta l’assalto alle Carrozzerie Bertone, altra azienda in difficoltà . In cordata c’è il finanziere Domenico Reviglio e la Royal Soparfi del Lussemburgo. Strana e folkloristica compagine: Royal Soparfi era di un cittadino del Congo. L’affare non va in porto.
Obiettivo Eutelia 
Nel frattempo un certo Claudio Massa tentava affari come «rappresentante della multinazionale svizzera Cam Group». E a giugno 2009, insieme a Liori (l’emissario di Ti-Cam in Omnia Network), rileva Agile-Eutelia (2.000 dipendenti), dove è concentrata l’attività  di information technology del gruppo toscano della famiglia Landi, quotato e prossimo al crac. Massa e Liori, referenti di Ti-Cam e Cam Group, lavorano per una nebulosa societaria che acquista anche Phonemedia, Videonline 2 e altre aziende di call center. La catena societaria parte da uno scantinato di Londra, passa per una finanziaria (Libeccio) con ufficio all’area partenze dell’aeroporto di Cagliari e finisce in Omega. Curiosa società  Omega: a venderla alla «nebulosa» è Pio Piccini, diventato supertestimone nell’inchiesta sul «sistema» Morichini (presunti finanziamenti al Pd); poi quando Massa & C. si defilano, la gestione passa a Domenico Lo Jucco, ex tesoriere di Forza Italia. Massa e Liori hanno traccheggiato per mesi (sempre gli stessi del 2009), serviti per licenziare, non pagare stipendi nè contributi, dissipare, frodare.
Spaccio e fatture 
Omega è fallita, Libeccio fallita, Videonline fallita, Seteco (ex Omnia Network) fallita, Cartiera di Arbatax fallita da anni, Eutelia e Agile in amministrazione straordinaria. Massa è stato arrestato per Agile e Phonemedia, condannato per Arbatax, con Liori è a processo per Eutelia. Incerti del mestiere.
Intanto tra Vienna e Lugano la centrale di spaccio di fatture false, la fabbrica del nero, prosperava alla faccia della crisi, incredibilmente indisturbata. Uno shopping center imperdibile per gli appassionati di evasione fiscale. (Al 4 di Bà¶rseplatz a Vienna risiedeva anche la Fibet, affiliata a Ti-Cam, che fece da sponda per l’evasione fiscale di 59 tra promotori e clienti di Banca Mediolanum).

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