Daccò, l’imprenditore sconosciuto al Fisco “Alla famiglia intestati 196 conti e 14 case”

by Sergio Segio | 3 Dicembre 2011 7:36

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MILANO – «La consultazione dell’Anagrafe tributaria ha evidenziato che Daccò, dal 2001, non ha mai dichiarato redditi imponibili in Italia né all’estero». E risiede a Londra dove i cittadini “non dom”, cioè i non residenti, non pagano le tasse. La figura dell’imprenditore Pierangelo Daccò emerge dalle carte dell’indagine milanese sull’ospedale San Raffaele. A lui viene contestato il reato di concorso in bancarotta, per aver distratto attraverso presunte false consulenze circa 3,5 milioni di euro. Una delle ipotesi degli inquirenti è che fosse un collettore di denaro, soprattutto contante, da girare ad alcuni referenti politici.
Il suo nome è stato spesso accostato a quello del governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, non fosse altro che per la loro amicizia che, come ha confermato ieri lo stesso Formigoni in una intervista a la Repubblica, dura da vent’anni.
Daccò è il centro di una rete di società  italiane e offshore che per la sua complessità  ha fatto sbarrare gli occhi anche agli investigatori più esperti. Eppure negli ultimi dieci anni appare senza reddito, nessuna denuncia al Fisco. Alcune di queste aziende sarebbero riconducibili a lui attraverso le figlie, Erika e Monica, o attraverso la consorte, Annita Cantoni. Opera secondo schemi operativi ben collaudati: «In primo luogo – dice una informativa di polizia giudiziaria – crea soggetti giuridici italiani, in secondo luogo li sviluppa e successivamente ne cede il controllo, per lo più interponendo società  fiduciarie, a soggetti a lui legati da vincoli di parentela o di amicizia, mantenendone pertanto uno stretto controllo».
Le sue attività  vanno dal tessile alle comunicazioni, dalle pubbliche relazioni alla cosmetica fino alle ristrutturazioni immobiliari. Ma il suo core business è «nella gestione diretta e indiretta di strutture sanitarie in Italia e all’estero». I suoi lunghi soggiorni in Cile, per esempio, si spiegano col ruolo che una sua società , la Juvans, ha avuto nella costruzione dell’Ospedale sanatorio marittimo, edificato in Vina del Mar, per l’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, i Fatebenefratelli, gli altri grandi committenti di Daccò, prima di Don Verzé. Dai Fatebenefratelli Daccò avrebbe ricevuto tre bonifici tra il 2001 e il 2003 (per oltre 10 milioni di euro) su un conto corrente acceso presso la Popolare di Lodi. Perché lui, nato a Sant’Angelo Lodigiano, classe 1956, pur non dichiarando nulla al Fisco, tra conti correnti, operazioni extraconto e gestioni, ha ben 28 rapporti bancari, che salgono solo in Italia a 196, se si includono anche quelli della moglie e delle figlie.
Tra le banche preferite, per ragioni anagrafiche, vi è proprio la Popolare di Lodi (il nome di Erika Daccò è stato trovato nelle agende di Gianpiero Fiorani), ma la più importante è la Unicredit (80 rapporti). L’immobiliarista della famiglia è la moglie con 14 appartamenti in quel di Lodi e due case a Bordighera. Ma gli inquirenti sono pronti a scommettere che attraverso fiduciarie possieda il Residence Baia delle Ginestre a Teulada, alcune case ad Arzachena e una villa a Bonassola. Più una barca (e forse altre due), il Mi Amor, sul quale è stato fotografato con Formigoni.

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