Così cambia il prelievo sulla casa

by Sergio Segio | 3 Dicembre 2011 7:29

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Mancano ancora i particolari, che probabilmente già  domani dopo l’incontro con le parti sociali saranno resi noti, ma appare ormai certo che le misure di rigore finanziario che l’esecutivo si appresta a varare prenderanno di mira la casa. Due i provvedimenti che allo stato appaiono pressoché inevitabili: la reintroduzione dell’Ici anche sulla prima casa e un incremento delle rendite catastali che servono da base imponibile per i principali tributi immobiliari. A questo proposito si fa sempre più insistente la voce che l’inasprimento dovrebbe attestarsi al 15%.
Abbiamo provato a calcolare che cosa comporterebbe l’attuazione contemporanea di entrambe queste misure. Per l’Ici si parla di un tributo caratterizzato da una maggiore progressività  rispetto a oggi: il risultato si può ottenere distinguendo tra aliquote sulla prima casa e aliquote sugli altri immobili, o anche legando l’entità  del tributo al reddito del proprietario, o, ancora, legandola al valore del patrimonio immobiliare o al numero delle unità  immobiliari possedute. Nell’impossibilità  di sapere quale di queste soluzioni sarà  adottata abbiamo impostato uno schema di massima che prevede quattro profili diversi di tassazione, partendo dal presupposto che avvenga anche la rivalutazione catastale del 15%: i primi due scenari riguardano la prima casa, nel primo ipotizziamo un’aliquota del 5 per mille con una franchigia sui primi 50mila euro di valore catastale, nel secondo un’aliquota secca del 6 per mille senza alcuna deduzione; il terzo e quarto scenario riguardano invece case diverse dalla prima e ipotizzano rispettivamente un tributo dell’8 e del 10 per mille: un’aliquota quest’ultima che a prima vista potrà  apparire molto elevata ma in realtà  il decreto sul federalismo municipale prevede che l’Imu, l’imposta comunale che prenderà  il posto dell’Ici a partire dal 2013, possa arrivare anche al 10,6 per mille, visto che la legge prevede un’aliquota base del 7,6 per mille che potrà  essere autonomamente incrementata dai Comuni e per gli immobili non locati di altri 3 millesimi.
I nostri conti dicono che si rischia una stangata di dimensioni ragguardevoli: una casa medio signorile di un centinaio di metri quadrati in posizione semicentrale a Milano comporterebbe per il proprietario di una prima casa che dal 2008 a oggi non ha pagato nulla un esborso tra i 492 e 890 euro mentre se si trattasse di seconda casa l’Ici potrebbe arrivare addirittura a 1.484 euro, con un inasprimento di 839 euro rispetto all’imposta pagata nel 2011. Peggio ancora andrebbe ai proprietari di case indipendenti: anche se si tratta di immobili che non hanno le caratteristiche di lusso delle ville (che sono classificate dal Catasto come A8 e che già  oggi pagano l’Ici anche quando sono prima casa) a Milano si tratterebbe di sborsare come prima casa da 1.365 a 1.938 euro e pagarne fino a 3.231 se non si ha diritto alle agevolazioni legate alla residenza. Minori pretese a Roma, dove si arriverebbe, nell’ipotesi più penalizzante da noi considerata, a 2.440 euro ,che comunque sono 955 più di quelli necessari oggi.
Su case di più modesto valore, come le A3, la reintroduzione del tributo avrebbe effetti più modesti in assoluto, anche se sulle seconde case si arriverebbe a pagare fino a 467 euro a Milano e a 366 a Roma.
L’incremento delle rendite avrebbe effetto anche su altri tributi: sulle imposte di successione, sulla registrazione dei contratti di locazione (quando non sia possibile optare per la cedolare secca), e sull’Irpef, dovuta sempre per le case tenute a disposizione e calcolata sulla rendita catastale: +15% di estimo significa +15% di imposta, sempre che il governo non decida di rivedere anche le aliquote Irpef.
Ma la vera e propria stangata arriverà  quando si compra casa: se si ha diritto alle agevolazioni sulla casa medio signorile di Milano che abbiamo considerato in tabella il maggiore esborso sarebbe computabile nei 639 euro che rappresentano la differenza tra l’imposta attuale di 4.593 euro e quella nuova di 5.232; se invece non si ha diritto alle agevolazioni si passerebbe dagli attuali 17.028 euro a 19.582 euro. Questo nel caso di acquisto da privato. Se si compra da un’impresa si applica l’Iva; che però appare destinata essa pure a subire un aumento, perlomeno nel caso di acquisto di abitazione non agevolato. In questo caso si passerebbe dal 10 all’11%. Calcolato però sul valore reale e non su quello catastale, decisamente più economico anche con l’aumento del 15%.

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