Confindustria certifica la recessione Pil 2012 -1,6%, a rischio 800mila posti

by Editore | 16 Dicembre 2011 7:42

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ROMA – Siamo in recessione: lo certifica Confindustria e nessuno può smentirla. I più ottimisti assicurano che possiamo uscirne, che di certo non siamo condannati e che la fiducia è già  ripartita. Ma in realtà  siamo ancora dentro la crisi fino al collo e, a seguire le stime delle imprese, lì resteremo fino alla prossima estate.Ecco allora il ritratto in cifre della quinta recessione degli ultimi trent’anni: una serie di «meno» inanellata nel rapporto presentato dal Centro studi degli industriali che andrà  a dipingere l’inverno del nostro scontento. Si parte dal Pil, che dalla scorsa estate alla prossima primavera perderà  altri due punti: gli industriali hanno rivisto le stime al ribasso assegnando un meno 1,6 per cento al 2012, dopo il più 0,5 messo a segno quest’anno (quota ridimensionata: era dello 0,7). L’economia, si legge nello studio, ripartirà  solo nel prossimo mese di luglio, dando il via ad una risalita che ci porterà  a chiudere il 2013 con una crescita media dello 0,6 per cento.

Ma prima di conquistare questo indizio di svolta il Paese verserà  un altro scotto occupazionale: alla fine del 2013 ci saranno 800 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2008, anno di partenza del periodo buio. «E’ molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in cassa integrazione, aumentino i licenziamenti e il tasso di disoccupazione salga velocemente al 9 per cento» spiega Confindustria. A pagare il conto saranno soprattutto i giovani, in particolare quelli fra i 14 e i 24 anni, fascia dove i posti di lavoro caleranno del 24,4 per cento: una generazione «falcidiata» soprattutto se priva di titoli di studio. Un po’ meglio andrà  alle donne (che non dovrebbero perdere posti anche perché ne occupano pochi) e agli over 45 anni dove l’occupazione, alla fine del periodo, risalirà  del 6,6 per cento. Il circolo negativo si chiuderà  passando attraverso una diminuzione dei consumi: meno 1 per cento nel 2012 che passa al più 0,4 nel 2013 (l’inflazione, certifica intanto l’Istat, ha registrato a novembre il 3,3 per cento). Ci sarà  un aumento della pressione fiscale: 45,1 nel 2012 che diventerà  il 45,5 per cento del Pil nel 2013, fermo restando il fatto che la pressione effettiva, secondo Confindustria, già  «supera abbondantemente il 54 per cento. Dati innegabili, nessuno prova a contestarli. Semmai si cerca di andare oltre. E quello che fa Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico. «Siamo in recessione e ci siamo dentro non per colpa nostra» ha detto. La causa «è la pessima gestione della crisi dell’eurozona», ma adesso «dobbiamo uscirne e abbiamo le basi per farlo». Ed è ciò a cui punta anche il presidente della Bce Mario Draghi: il periodo buio non è finito, ha precisato «per l’economia di Eruolandia esistono rischi sostanziali al ribasso»; di più: ci sarà  una «inevitabile contrazione» dell’economia a breve, ma «dobbiamo ricostruire la fiducia e lo stiamo facendo». Ed è la stessa presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che nonostante tutto conclude la sua analisi con una nota quasi di ottimismo: «Siamo in recessione, ma non siamo condannati a restare così per i prossimi anni: il 2012 è compromesso per quanto accaduto nel 2011, ma ce la possiamo fare».

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