Cina. Nella città -fabbrica del Natale low cost

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YIWU (CINA). Esiste un luogo dove agli europei stendono ancora il tappeto rosso. Si chiama Yiwu, sorge nello Zhejiang e ha una specialità : Natale. Qui venerano gli occidentali per due ragioni: perché sono in crisi e perché hanno inventato Babbo Natale. C’è un terzo motivo che ci rende i più amati dai due milioni di abitanti-operai dell’ex villaggio contadino diventato in dieci anni la seconda città  più ricca della Cina: più siamo in crisi e più loro guadagnano. «Potete rinunciare a tutto – dice Lou Aiju, diventato miliardario in quattro anni esportando in tutto il mondo corna di renna in plastica – ma non alle festività  di fine anno. E meno soldi avete da spendere, più venite a cercare noi, i campioni del Natale low cost».
Lo avevano intuito durante la crisi del 2008 e ci hanno puntato tutto: creare la più grande industria natalizia del pianeta, trasformarsi in una metropoli-fabbrica fondata sul Natale e assicurarsi l’esclusiva globale delle feste “made in China”, da Santa Lucia alla Befana passando ovviamente attraverso quell’affare colossale noto come San Silvestro. Il risultato è impressionante. Yiwu conta 600 aziende che producono 16mila articoli diversi legati alle atmosfere natalizie, può consegnare qualsiasi merce, ovunque ed entro una settimana, garantisce prezzi più bassi dei concorrenti da 50 a 200 volte e ha appena inaugurato un centro espositivo permanente da 5 milioni di metri quadri. Per convincere Santa Claus a lasciare la Lapponia e a emigrare sul delta dello Yangtze, il governo ha investito dieci miliardi di euro. Un’idea d’oro: da Yiwu quest’anno sono partiti il 92% dei regali che il pianeta sta per scambiarsi, il 97% di ciò che si appende per addobbare un abete, il 98% degli alberi sintetici e il 93% delle decorazioni da vetrina che contribuiscono a far bruciare la tredicesima nello shopping.
Una volta, quando in Occidente si era dei signori, la bottega unica del Natale era a Canton: roba di lusso, presepi in vero legno, palle colorate di cristallo e Babbi Natale capaci di cantare fino a venti classici. «Tre anni fa – dice Pan Yonggen, magnate dei festoni in finta neve – abbiamo visto che il mondo non aveva più abbastanza soldi per pagare il Natale che pretende. Ci siamo trasferiti qui e abbiamo iniziato a riprodurre tutto ciò che Europa e Usa acquistano tra novembre e gennaio a costi fino a mille volte inferiori». Parlano le cifre della dogana: le esportazioni, rispetto all’anno scorso, sono aumentate del 68% in volume e dell’82% in valore». Giro d’affari ufficiale? Cinquanta miliardi di euro all’anno. A Canton oggi si riforniscono cinesi, indiani e arabi, che nel frattempo sono diventati gli zii d’America della contemporaneità . Europa e Usa hanno ripiegato sul Natale made in Yiwu e nessuno fa il difficile se imprenditori e grossisti ricevono in pigiama, dentro capannoni gelidi e squallidi, continuando a succhiare tagliolini disidratati mentre reinvestono alla Borsa di Shanghai l’anticipo non ancora incassato. Sputano e non smettono di sgridare i figli che si rincorrono tra gli scatoloni, ma come creatori della sezione consumo del rito natalizio, sono i migliori.
Yiwu è l’unico epicentro industriale del mondo dove oggi manca manodopera, gli operai sono pagati il doppio che nel Guangdong e quest’anno gli affari sono andati talmente alla grande che godono di privilegi da malore: due mesi di ferie, Capodanno cinese a casa e rientro ai primi di febbraio, in tempo per dare il via alla produzione del Natale 2012. «Sarà  un trionfo – dice Chen Jinlin, segretario generale dall’associazione degli industriali di prodotti natalizi – : gli europei saranno ancora più poveri e i cinesi ancora più ricchi e noi saremo i fornitori unici delle festività  di entrambi». Offrire candele alla cannella da due centesimi, ovviamente non basta. Il segreto a Yiwu è innovare, creare il bisogno di una coreografia natalizia sempre nuova e stravolgere l’offerta dei Mercatini dell’Avvento senza che nessuno se ne accorga. Pantofole, tisane, agrifogli, guanti, giocattoli, addobbi, campanelle e pacchi-regalo finti: tutto sempre più hi-tech e sempre più simil-tradizionale, in uno stile adatto sia a Berlino che a Hong Kong. Babbo Natale vestito da mercante Ming, angioletti con gli occhi a mandorla e abete decorabile sia con i regali che con le gabbie per uccelli: consumi universali da ricchi a prezzi da poveri, scontando a uno ciò che prima di Monti costava cento, per venderne così mille volte di più. Nell’ultimo luogo del mondo dove agli occidentali stendono ancora il tappeto rosso si annuncia il Natale migliore della storia: la nave affonda, ma il brindisi non si nega a nessuno e non è detto che anche quello, decorosamente low cost, sia made in China.


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