by Editore | 21 Dicembre 2011 7:21
Alzare il livello dei salari per garantire la riforma delle pensioni. Tutelare maggiormente i 14 milioni di persone che lavorano in aziende con meno di 15 dipendenti, fuori dall’ombrello dello Statuto dei lavoratori, e compensare così una eventuale modifica dell’articolo 18 sui licenziamenti. Rafforzare il ruolo dei sindacati anche nelle piccole aziende e garantire la rappresentanza in fabbrica a chi ha iscritti. Riformare il sistema degli ammortizzatori sociali per renderlo più aderente a un mercato del lavoro in cui il numero dei precari è in crescita. Per questa via provare a introdurre forme di salario di disoccupazione. La riforma del mercato del lavoro che si sta studiando al ministero del welfare comprende tutti questi capitoli perché, come ha detto Fornero, «non abbiamo tabù». Ma nessuno di questi elementi può essere considerato da solo un punto di attacco da cui partire.
La metafora che circola è quella del pianoforte, immagine cara ai sindacalisti d’un tempo: nessun tasto da solo fa la musica, per avere una melodia è necessario suonarli tutti insieme. Metafora che serve certamente a stemperare l’atmosfera resa incandescente dallo scontro anche personale tra Elsa Fornero e Susanna Camusso. Uno scontro che, ha fatto notare ieri il presidente Napolitano, rischia di travalicare i limiti: «Credo che non giovino le battute sprezzanti». Riferimento che coinvolge, oltre a Camusso, anche Bonanni: «Questa manovra sembra che l’abbia fatta mio zio che non capisce niente di economia», aveva detto il leader della Cisl. Normale che lo “zio” Monti si sia risentito. Ma, cosa altrettanto grave per Bonanni, si è indispettito anche il capo dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco: «No alla prassi sistematica della delegittimazione».
Ora è evidente che calerà sulla polemica la pax natalizia. Ma sarà una tregua breve. Al ministero del welfare pensano di avviare gli incontri con le parti sociali a metà gennaio. Entro quella data lo spartito da suonare sul pianoforte dovrà essere pronto. Sarà necessario risolvere alcuni problemi. E’ evidente che se le pensioni verranno pagate con il sistema contributivo (ciascuno avrà quel che ha versato nel corso della sua vita lavorativa) i bassi salari di oggi produrranno pensioni misere domani.
Per alzare i salari una delle strade è quella della detassazione delle buste paga. In questa direzione si era mosso il predecessore di Fornero, Maurizio Sacconi. Una leva importante che consente di mantenere inalterato il costo del lavoro. Ma fino a che punto, in un periodo di grave crisi, lo Stato può permettersi di rinunciare a quella quota di tasse? E dove dovrà trovare le risorse per coprire il buco che si creerebbe? Il secondo tasto del pianoforte è quello del reddito di disoccupazione. Una sorta di airbag sociale soprattutto se si metterà mano all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori rendendo più facile il licenziamento degli assunti a tempo indeterminato. Ma in quest’ultimo caso non si potrà aumentare la libertà di licenziamento nelle aziende con più di 15 dipendenti senza aumentare le tutele in quelle piccole dove lo Statuto dei lavoratori non viene applicato.
Le misure, insomma, vanno calibrate perché i loro effetti sono intrecciati. Non è facile trovare la melodia giusta sul pianoforte. Forse, suggeriva ieri sera un autorevole sindacalista, sarebbe opportuno far precedere il pacchetto di proposte da presentare a metà gennaio da una solida iniziativa di tassazione sui patrimoni. Servirebbe a far suonare meglio il pianoforte perché con più soldi le riforme riescono meglio. E funzionerebbe anche come digestivo per le misure più impopolari.
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