by Editore | 12 Dicembre 2011 8:32
ROMA — Scendono in piazza e già lo sanno: Silvio Berlusconi non è più il capo del governo. Escort e olgettine sono il ricordo di un anno che va esaurendo i suoi giorni. Sanno che Piazza del Popolo non sarà mai la piazza che lo scorso 13 febbraio debordava per tutto il centro di Roma, quella domenica da non riuscire a muoversi. Ma ieri le donne del comitato «Se non ora quando?» sono scese in piazza lo stesso. A maggior ragione dirà qualcuna. Meglio: lo sosterranno tutte le donne di questo comitato promotore, dove la regista Cristina Comencini mette la grinta e la bellezza della sua arte ed ognuna, tante, mette quanto di meglio ha, sa, e può.
«È cambiato lo stile del governo, ma la situazione delle donne non è certo mutata», è l’insegna della manifestazione che ieri pomeriggio ha avuto il suo fulcro a Roma, ma si è poi snodata in almeno una ventina di piazze italiane, da Genova a Messina, da Torino a Sassari, a Venezia, ad Ancona, a Napoli. E a fine giornata le organizzatrici garantiscono: «Eravamo più di centomila».
Centomila non è il milione del 13 febbraio. «Ma nessuno ha mai pensato di eguagliare quel record», sussurra la giovane Ilaria Ravarino, soddisfatta che la pioggia dell’ora di pranzo non abbia scoraggiato la partecipazione. Non più di tanto, perlomeno. È anche una domenica di ponte, e questo chissà se qualcuno lo aveva messo nel conto.
«Le donne italiane hanno salari più bassi del 30% rispetto agli uomini e lavorano più di tutte in Europa. Vergogna. Oltre 800 mila donne in Italia sono state licenziate o costrette a dimettersi perché in gravidanza. Vergogna…». È Luisa Rizzittelli che inaugura il grande palco di Roma (allo scoperto perché più economico, dato che la kermesse è autofinanziata) sciorinando cifre da terzo mondo, seguita a ruota da Lunetta Savino.
Piazza del Popolo si va popolando di volti noti che rimangono rigorosamente lontani da un palco dove il comitato non vuole bandiere e partiti e dove per tutto il pomeriggio si alterneranno filosofe e sociologhe, cantanti, musicisti, lavoratrici. Non fanno fatica ad obbedire all’ordine di rimanere lontane Paola Concia, del Pd, e anche Nichi Vendola di Sel, insieme con Flavia Perina e Giulia Bongiorno (Fli) che in piazza del Popolo ieri è arrivata con il bimbo e la tata ed è contenta di potersi muovere nella prima manifestazione femminile dell’era post-berlusconiana.
«Il nostro Paese è al settantaquattresimo posto su 135 per indice di parità di genere», questa volta le cifre sono garantite da Annamaria Testa, pubblicitaria che non trova difficoltà nel mostrare le immagini degli spot dove le donne sono corpi in vendita. Ne sono piene le pubblicità . E davanti a quelle foto Susanna Camusso scuote la testa con diniego. Il segretario della Cgil si è mescolata in maniera anonima tra una folla che man mano che passa il tempo riempie gli spazi vuoti e fa crescere il sorriso sulle labbra di chi questa manifestazione l’ha voluta a dispetto di una difficoltà evidente fin dal principio.
«Non sempre si deve manifestare per protestare. Questa volta vogliamo manifestare per costruire. Per cambiare. Vogliamo dire a questo governo che le donne non devono più essere il welfare del Paese», denuncia Cristina Comencini che è rimasta tutto il tempo dietro le quinte a dirigere, come il suo mestiere consiglia, ma non ha mai smesso di ripetere l’importanza delle donne per uscire da una crisi strutturale come la nostra.
Arriva il buio, la piazza è finalmente piena ed esplode sulle note di Paola Turci e Marina Rei che non esitano a tingere di rosa la famosa canzone di Patty Smith. «Women have the power», cantano. E per un attimo ci credono tutte che sì, they can.
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