Celle che scoppiano, è un primo passo

by Editore | 17 Dicembre 2011 10:06

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Per risolvere il problema dell’illegalità  di Stato riscontrabile nelle carceri e nella paralisi del sistema di giustizia italiano bisognerà  attendere ancora. Almeno fino a quando si aprirà  anche in parlamento quello spiraglio che ieri la neo guardasigilli Paola Severino ha lasciato intravedere su un provvedimento tabù come l’amnistia («non la contrasterò», ha detto) che se non altro potrebbe azzerare l’intasamento pregresso e far tornare all’efficacia le aule di giustizia. Impossibile al momento sperare nella depenalizzazione delle leggi criminogene come la Fini-Giovanardi o la ex Cirielli, che risolverebbe alla base il problema: «Non è cosa che si fa in poco tempo», si è giustificata la ministra. Per ora dunque bisogna accontentarsi delle misure tampone contenute nel decreto legge varato ieri dal consiglio dei ministri che amplifica lo «svuotacarceri» applicato un anno fa dall’ex ministro Alfano, portando da 12 a 18 mesi la pena residua da poter scontare ai domiciliari, e dispone di trattenere gli arrestati in flagranza di reato nelle celle di sicurezza dei posti di polizia in attesa del processo per direttissima che dovrà  essere celebrato – secondo le intenzioni di Paola Severino – entro 48 ore. Lo ha spiegato la stessa ministra di giustizia presentando il pacchetto di norme che porterà  un sollievo immediato al sovraffollamento carcerario di circa 3300 detenuti in meno (secondo le prime stime) e alleggerirà  il turn over giornaliero di coloro che rimangono in carcere solo per pochi giorni, circa 21 mila persone l’anno. «Si passa così – ha detto Severino – dal sistema cautelare preventivo al sistema penale vero e proprio». Diverso però è il fenomeno delle «porte girevoli», cioè di coloro che entrano e escono dal carcere, degenerazione potenziata dall’ex Cirielli, appunto.
Provvedimenti utili, precisa la guardasigilli, anche per «risparmiare circa 375 mila euro al giorno» sul mantenimento dei detenuti. Ma non c’è crisi che tenga se si tratta di finanziare ulteriormente il «piano Ionta» per la costruzione di nuovi penitenziari con «un incremento di 57 milioni per fare fronte alle esigenze dell’edilizia carceraria». Nel pacchetto governativo anche la detenzione domiciliare in prova e i lavori socialmente utili per pene fino a 4 anni, la sospensione dei procedimenti per persone irreperibili, la depenalizzazione immediata dei reati irrisori e un disegno di legge per depenalizzare e trasformare in illecito amministrativo i reati puniti con la sola pena pecuniaria, esclusi quelli in materia di edilizia e ambiente, immigrazione, alimenti e bevande, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sicurezza pubblica. Una serie di norme anche per velocizzare il processo civile e un decreto legislativo per la revisione delle circoscrizioni del giudice di pace, consentendo di recuperare 1944 giudici di pace, 2104 dipendenti, con un risparmio di spesa, a regime, pari a 28 milioni l’anno. In dirittura d’arrivo anche una Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti. 
Le misure, sebbene non risolutive, fanno tirare un sospiro di sollievo a molti, soprattutto a reclusi e agenti penitenziari. Piacciono al Pd, dividono il Pdl, fanno inorridire la Lega e storcere il naso all’Idv. Ma chi si inalbera decisamente è Marco Pannella perché senza l’amnistia è «troppo poco e troppo tardi» (anche se poi in fondo i Radicali apprezzano). Contrarie anche le forze di polizia, a cui tocca trasformarsi in secondini per gli arrestati in flagranza di reato da detenere nelle 706 celle di sicurezza delle questure: «È un costo insostenibile per la sicurezza dei cittadini – protestano i funzionari di polizia -, per sorvegliare 21.000 arrestati per 48 ore, con le strutture disponibili servono 136.000 turni lavorativi in un anno che equivalgono a 68.000 servizi di volante. È come se 46 capoluoghi di provincia per un intero anno si privassero del controllo del territorio». «Non sarà  per sempre, solo fino alla costruzione delle nuove carceri», tenta di rassicurare la guardasigilli. PAOLA SEVERINO «Non ho mai escluso che amnistia e indulto siano strumenti utili per alleviare l’affollamento nelle carceri. Ho sempre sostenuto che l’amnistia è un provvedimento di iniziativa parlamentare. E se il Parlamento deciderà  di adottarlo non contrasterò», ha detto il ministro della Giustizia illustrando i provvedimenti approvati dal consiglio dei ministri.

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