by Sergio Segio | 22 Dicembre 2011 7:34
MILANO – Per i correntisti della Bpm investire in titoli della banca è diventato un calvario. Non solo hanno dovuto subire un crollo del titolo in Borsa dovuto all’aumento di capitale lanciato dal management con la complicità di Andrea Bonomi e di Mediobanca; ora devono subire un’altra tosatura nell’ordine del 50-70% sul bond convertendo sottoscritto nel 2009. «Sono una pensionata di Tavernerio in provincia di Como. Alla fine del 2009 sono andata presso lo sportello Bpm dove ho il conto per investire 120mila euro e mi avevano proprio consigliato questa obbligazione della banca stessa. Non ricordo se la banca mi avesse fatto firmare dei moduli, ma sono sicura che avevano escluso che ci potessero essere rischi. Mi sono fidata e ora leggo che il 70% dei miei soldi potrebbe essere andato in fumo», scrive una cliente di Bpm ad Altroconsumo, l’associazione che ieri ha inviato un esposto alla Consob su questo ennesimo caso di risparmio tradito. Sono circa 15 mila i risparmiatori incappati nel convertendo Bpm, in gran parte si tratta di coppie oltre i 50 anni con scarsa conoscenza degli strumenti finanziari, con figli già adulti che avevano deciso di effettuare un investimento sicuro per il loro futuro ignorando il rischio di fluttuazione delle azioni. Persone, soprattutto, che sostengono di non essere state informate correttamente dei rischi legati al meccanismo di conversione: della possibilità , quindi, che il valore dei titoli crollasse drasticamente. E oggi sono chiamati in assemblea a dare il via libera al proprio massacro. Sperando in un nuovo intervento della Consob (che aveva sanzionato pesantemente Fiorenzo Dalu ed Enzo Chiesa mentre la magistratura ha aperto un’inchiesta) o nella class action annunciata da Federconsumtori.
I nodi sono venuti al pettine poiché invece che aspettare il giugno 2013 il Consiglio di gestione della banca presieduto da Bonomi ha deciso di anticipare la conversione al 29 dicembre 2011, migliorando però il rapporto di conversione da 6 euro per azione a 2,7 euro. Ma con il titolo che viaggia intorno a 0,3 euro quelle azioni che i sottoscrittori si troveranno in tasca varranno molto meno del valore investito, anche se per tre anni hanno potuto incassare una cedola del 6,75% all’anno.
Questo è il risultato ottenuto dalla gestione Ponzellini-Chiesa sostenuta da una cda completamente controllato dagli Amici della Bpm. A costoro si è associato con intento speculativo Bonomi, chiamato in campo da una Mediobanca preoccupata che l’istituto radicato in Lombardia potesse cadere in mano a concorrenti non graditi. Insieme hanno tosato per bene i piccoli azionisti di Bpm e hanno comprato azioni a prezzi irrisori. Il risultato è che la banca è passata di mano, anche se si attende ancora di conoscere il nome dell’investitore che ha acquistato i diritti inoptati pari all’8% del capitale. Ma nessuno finora si è occupato della gestione nonostante i richiami di Banca d’Italia per un cambio di management. Tuttavia i nomi circolati in questi giorni per la carica di ad non sono di levatura tale da imprimere la svolta che serve alla banca. A maggior ragione se, come sembra, il dg Chiesa rimarrà nella sua posizione a garantire ai sindacati interni la gestione del personale. Bonomi, infatti, deve fare i conti con gli alleati che gli hanno permesso di vincere nell’assemblea del 22 ottobre dirottando una parte dei loro voti sulla sua lista. Tra l’altro Bankitalia non ha ancora autorizzato la fusione tra le controllate Banca di Legnano e Cr Alessandria, finita nel mirino per la compravendita delle quote di minoranza effettuate a valori fuori mercato. Senza la fusione non si può escludere una svalutazione della Cr Alessandria, in carico ai valori d’acquisto. Infine, nonostante un primo trimestre in attivo, il 2011 rischia di chiudersi in pareggio lasciando a bocca asciutta gli azionisti.
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