Bouazizi, l’ambulante che cacciò i tiranni

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Un anno fa, verso mezzogiorno, a Sidi Bouzid, puntino sconosciuto sulla mappa della Tunisia, un giovane di 27 anni, senza dire una parola, si ferma davanti al Governatorato, una villona merlettata, color ocra. Con una mano regge una tanica di benzina, appena comprata con l’insoddisfacente incasso di giornata, con l’altra agita un cerino. Un lampo e l’uomo prende fuoco. Una donna accorre urlando, con un mantello. Le guardie si scuotono incredule, i disoccupati «cronici» escono dai bar. Il corso principale di Sidi Bouzid, piano piano, si riempie di gente, di folla, di rivoluzione. 
Oggi sarà  un’altra lunga giornata per la famiglia di Mohamed Bouazizi, fruttivendolo ambulante e «abusivo», il simbolo della rivolta dei Gelsomini che il 14 gennaio 2011 cacciò il presidente-dittatore Ben Ali. 
Leila, 25 anni, studentessa, dovrà  ripercorrere ancora una volta la storia personale e, ormai «nazionale», di suo fratello Mohamed. I network tv hanno di nuovo preso possesso di questa cittadina persa nella sabbia, dove si arriva percorrendo una strada costeggiata solo da chioschi che vendono carne di cammello alla griglia.
Eppure è necessario riascoltare la storia di Mohamed. Rivederlo mentre trascina il carretto con le cassette di mele e di banane verso la piazza del mercato. Rivivere l’intervento della donna in divisa che prima gli chiede la licenza commerciale, poi, aiutata da altri poliziotti, procede al sequestro del «corpo del reato», cioè della malferma carriola. E, infine, schiaffeggia il giovane. Bouazizi corre nel centro cittadino: meglio le fiamme, visto che le proteste non servono a nulla. Morirà  in ospedale il 4 gennaio 2011.
La signora Manoubia, 54 anni, dice di avere «sette» figli, perché tra Selem (30 anni) e Ziete (10) anni, ci mette ancora il nome di Mohamed. «Mia madre piange e sorride nello stesso tempo», raccontava ieri sera Leila, mentre raggiungeva in macchina Sidi Bouzid da Tunisi (dove si è trasferita con la famiglia). «Ma sa quanto sia diventato importante Mohamed per il nostro Paese, per tutte le rivoluzioni del mondo arabo che sono partite da qui». Il programma delle cerimonie è fitto: alle otto verrà  scoperta una statua che riproduce il carretto di Bouazizi (l’originale è custodito come una reliquia a Tunisi). Sono state allestite mostre fotografiche. Sono previsti discorsi ufficiali. Il telefono di Leila non si placa. «Ha chiamato anche l’ambasciatore della Turchia». Forse oggi si faranno vivi anche i leader della nuova Tunisia, guidata dal partito islamico Ennahda. Ci sarà  una certa ressa sotto il piedistallo di Mohamed, fruttivendolo-martire.


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