Belhaj, ex-qaedista del Cnt, denuncia la Gran Bretagna

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Dopo aver tentato un colpo di stato contro Muammar Gheddafi, Belhaj, combattente islamista, dovette andarsene in esilio in Cina insieme alla moglie. Nel 2004, venne catturato e messo in prigione a Bangkok per poi essere trasferito nel carcere di Abu Salim a Tripoli, dove venivano rinchiusi gli oppositori e dov’è rimasto per sei anni. Belhaj, a capo dei ribelli che, all’ombra della Nato, hanno conquistato Tripoli il 21 agosto scorso, oggi comanda il Consiglio militare della città . Quando venne arrestato, era considerato vicino ad al-Qaeda e per questo – denuncia oggi – avrebbe subito maltrattamenti dagli agenti di vari paesi stranieri, tra cui Gran Bretagna e Usa. «Quanto mi è accaduto è illegale e merita delle scuse», aveva dichiarato a settembre. Le scuse non sono arrivate e questo ha indotto gli avvocati del gruppo Leigh Day & Co, che difendono Belhaj, a passare alle vie legali: per il momento, spedendo al governo britannico una richiesta di chiarimenti, a cui Londra è tenuta a rispondere entro sei mesi. Dal ministero degli Esteri britannico hanno fatto sapere che Londra ha scelto di non interferire nelle questioni di intelligence, ma hanno precisato che il governo «ha approvato il Detainee Inquiry, un provvedimento che ha lo scopo di esaminare tutte le denunce relative a casi in cui, a partire dall’11 settembre, la Gran Bretagna è chiamata in causa per maltrattamento o consegna di detenuti all’estero da parte di terzi».


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