Bce, crollano gli acquisti di Btp

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MILANO – Fine degli acquisti. Malgrado l’asta di liquidità  record che mercoledì mattina ha inondato le banche con 490 miliardi di euro della Bce, il differenziale tra titoli pubblici tedeschi e italiani non scende. Anzi, in tre sedute è salito da 468 punti base a 502 di ieri, per un rendimento che sfiora il fatidico 7%. Perché i tassi non scendono su livelli più normali, magari più vicini a quelli della Spagna, che ieri pagava 341 punti base sul Bund?
Diverse spiegazioni si possono dare, ma poche incoraggianti. L’Eurotower ha fatto sapere che settimana scorsa ha praticamente azzerato l’acquisto di titoli di stato sul mercato secondario. Non è casuale, dopo le critiche e i timori di alcuni funzionari Bce (specie tedeschi) sulla politica di sostegno a Btp e Bonos. Inoltre i volumi sottili incrementano la volatilità , e fanno muovere di più i prezzi in vista della pausa. Infine gli operatori guardano con timore alle aste di Bot e Btp della settimana prossima per una ventina di miliardi: secondo le grandi banche, sarà  molto più importante vedere come si fissa il tasso alle aste primarie del Tesoro, che non gli andirivieni prenatalizi del Btp sul secondario. Nel frattempo, la liquidità  non si muove e resta nei forzieri degli istituti. Anzi, per un triste paradosso, i depositi “overnight” di brevissimo termine che le banche europee (le stesse accorse all’asta di mercoledì) lasciano all’Eurotower sono saliti a 347 miliardi, il massimo dal giugno 2010.
Mentre l’Europa si arrovella sulla sua moneta e i suoi usi, dagli Stati Uniti è venuto qualche spunto in più. Gli ordini di beni durevoli a novembre sono cresciuti del 3,8% (meglio del +2,2% stimato dagli analisti), pure se la dinamica delle spese per consumi è di segno opposto. Un segno di ripresa dell’economia, che ha tenuto gli indici di New York in rialzo, fino a quasi l’1% in chiusura. Più irregolari le Borse europee, con Londra e Parigi +1%, Fracoforte +0,46% e Piazza Affari +0,31%.
È proprio l’Italia il mercato che freme di più in questi giorni. Ieri lo ha attestato anche Scott Bugie, direttore di S&p per le istituzioni finanziarie: «Gli istituti di credito soffrono dato che si trovano ad avere ancora troppi titoli di stato in pancia». L’analista ha aggiunto che «il 2012 sarà  un anno molto difficile per tutta Eurolandia e i primi tre mesi del nuovo anno saranno un test fondamentale e duro soprattutto per l’Italia, che deve affrontare scadenze molto impegnative del debito».


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