Banditi avatar e supertelecamere così la scienza combatte il crimine

by Sergio Segio | 5 Dicembre 2011 7:37

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MODENA. Al processo di primo grado il perito della difesa aveva vinto la partita. «Quell’uomo ripreso dalla telecamera durante la rapina in gioielleria non è l’imputato qui presente. Guardate bene: le spalle sono diverse». In secondo grado tutto è cambiato. «L’imputato – racconta Silio Bozzi, dirigente del commissariato di Fano (e già  capo del gabinetto regionale di polizia scientifica di Ancona) al convegno modenese sull’Identificazione degli autori di reati attraverso le immagini – non ha accettato di tornare nel luogo del delitto per essere ripreso dalla stessa telecamera e confrontato con l’immagine registrata il giorno della rapina. Ha accettato però di essere “scannerizzato” in una saletta del carcere. Lo abbiamo ripreso in 3D e l’abbiamo trasformato in un avatar. E così abbiamo potuto “riportare” virtualmente l’uomo nella gioielleria. L’avatar è più “vero” dell’originale. È difficile infatti che un criminale accetti di rimettersi nella stessa posa in cui è stato ripreso durante il delitto, magari con un piede alzato, la testa piegata, ecc., sapendo che se l’identificazione va bene arrivano trent’anni di galera. L’avatar invece obbedisce ai nostri ordini. Nel caso, il nostro modello in 3D era perfettamente compatibile con l’uomo ripreso durante la rapina. E l’imputato vero è stato condannato».
Si è già  con un piede – uno solo – nel futuro, nella ricerca di autori di reati attraverso le immagini. «Anche noi del Ris di Parma – dice il capitano dei carabinieri Giovanni Orienti – da pochi giorni stiamo lavorando con modelli in 3D. Ma per arrivare a risultati importanti, è indispensabile migliorare la qualità  delle immagini che vengono registrate». Ci sono in Italia milioni di telecamere ma secondo il capitano dei Ris «il 90% sono in posizioni non idonee o di troppo scarsa qualità ». «Guardi i filmati di una banca dopo una rapina e scopri che riesci a vedere la marca delle biro sul bancone mentre nessun volto è stato inquadrato».
I telefilm americani come NCIS Los Angeles – tre clic sul computer e conosci subito vita e miracoli della persona inquadrata – non sono solo fantascienza. «Proprio la polizia di Los Angeles, quella vera – racconta Rita Cucchiara, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni all’università  di Modena e Reggio – sta sperimentando un binocolo con telecamera incorporata in grado di “estrarre” da una folla, e identificarle tramite collegamento con database, 400 facce al secondo. Noi non siamo ancora a questi livelli e il problema non sono le tecnologie ma le risorse. Anche il nostro dipartimento, quando ci sono i finanziamenti, riesce ad arrivare all’eccellenza. Per la Nato abbiamo preparato un progetto che ci permette di rilevare i comportamenti di una folla in una piazza. Facciamo un esempio: un attentatore ha fatto un determinato percorso. Chi, fra la folla, ha fatto lo stesso percorso, magari per aiutarlo? Chi è stato sempre fermo, magari a fare da palo? Con il nostro programma, riusciamo a rispondere».
Los Angeles, per quanto riguarda il collegamento con le banche dati, resta davvero lontana. Per le impronte digitali c’è un cervellone con ricerca automatica. Ma il Casellario centrale di identità  è ancora a ricerca manuale. Ci sono dentro 7 milioni di schede, con foto frontale e del profilo destro. In buona parte sono stranieri, perché sono stati schedati i clandestini, quelli che hanno ottenuto il permesso di soggiorno, le badanti, ecc. Se cerchi una persona italiana alta 2 metri e 5 centimetri, la risposta arriva presto. Se cerchi un malvivente alto 1,71, possono passare giorni o mesi. Più avanzate sono le ricerche a livello internazionale, soprattutto nella ricerca dei minori abusati. «Abbiamo identificato – hanno detto Antonio Apruzzese, dirigente nazionale della polizia postale e Geo Ceccaroli, della polizia postale di Bologna – 34 vittime fra il 2001 e il 2008, e ben 400 fra il 2008 ed oggi. Solo l’anno scorso abbiamo eseguito 107 arresti di abusatori di minori. In Internet abbiamo trovato anche i “pizzini” dei pedofili. Tu – ti chiamerò Antonio – chiedi la tale immagine del violato e io te la faccio trovare nel tal sito. E il bambino o la bimba appaiono in foto o video con un foglio A4 in mano e la scritta: “Per Antonio”. Ci sono genitori che si mettono in diretta sul web mentre abusano dei figli, e “Antonio”, pagando, li osserva dal computer di casa sua. Spesso vengono inviati file su computer di persone che non ne sanno nulla, e “Antonio” riceve tutte le indicazioni per collegarsi a quel computer per rendere più difficile la tracciabilità ».
Per fare importanti passi in avanti potrebbero però servire anche piccole cose. «L’orecchio – dice Elio Graziano, l’ex questore che ha organizzato il convegno assieme all’Università  e a Medicina legale di Modena – è come un’impronta digitale. Perché non mettere, allora, un piccola telecamera nelle bussole delle banche che inquadri l’orecchio destro al momento dell’ingresso? Da decenni – gli studi su tipologie di orecchi, naso, bocca e forma del volto sono stati compiuti da Giuseppe Falco che già  nel 1921 pubblicò “Identità : metodo scientifico di segnalamento e identificazione” – le tecniche da seguire sono note. Computer e telecamere oggi possono rendere efficiente e velocissimo un sapere antico».

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