Articolo 18, sindacati in trincea contro la Fornero

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ROMA – È scontro frontale fra governo e sindacati: la manovra non ha ancora superato l’ultimo scoglio – il voto di fiducia al Senato – che già  si è aperto per l’esecutivo Monti un nuovo, temibile campo di battaglia. Questa volta si parla dell’articolo 18, la norma dello Statuto dei lavoratori che vieta il licenziamento non motivato da giusta causa o giustificato motivo. Il tema si è imposto dopo l’annuncio, dato dal ministro del Welfare Elsa Fornero, dell’intenzione del governo di avviare una riforma sul mercato del lavoro e quindi sulla flessibilità  in uscita.
Per i sindacati, Cgil in testa, le parole corrispondono ad una dichiarazione di guerra: ieri, quello che doveva essere il giorno della protesta dei lavoratori pubblici contro il decreto «salva Italia» – norme sulla previdenza in primis – si è trasformato nella serrata difesa di quella che viene definita «una norma di civiltà ». Lo sciopero, a detta dei sindacati è «andato molto bene» (il ministero parla invece di adesioni non superiori al 9 per cento). Ma il tema centrale della giornata è stato il licenziamento.
Tre le posizioni in campo e tre le protagoniste: Susanna Camusso, leader della Cgil, Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria e la stessa ministro Fornero. Netta la difesa del sindacato sul mantenimento dello status quo: una linea condivisa in pieno anche da Cisl e Uil. Per Bonanni la questione «non è da argomento tecnico, così si aizza la protesta su una materia che si sa problematica». Angeletti della Uil assicura che «non siamo rassegnati a lasciare che le cose si svolgano secondo la logica che vorrebbe il governo». Ma è con la Cgil che lo scontro diventa frontale: «il governo parla di riforma del lavoro, ma in realtà  annuncia licenziamenti facili» ha detto la Camusso. Rivolgendosi al ministro e al governo ha polemizzato: «Scenda dall’empireo, venga al mondo, discuta coi sindacati». Già  la leader sindacale aveva definito un «intervento folle» quello sulle pensioni. Ora, quanto all’articolo 18, precisa che si tratta di «una norma di civiltà  che impedisce discriminazioni: un paese democratico e civile non può rinunciarvi». Opposta la reazione della Marcegaglia: «Affrontiamo la riforma con serietà : in una situazione come questa non ci sono totem né tabù».
Ma, incassato – come ci si poteva aspettare – il «sì» di Confindustria sono le reazioni del sindacato e di Susanna Camusso in particolare a preoccupare la Fornero. «Non la capisco – ha ammesso – il mio era esattamente un invito al dialogo: io non ho preclusioni, ma bisogna che non ne abbiano nemmeno gli altri». Delle parole dei sindacati si è detta «dispiaciuta», «sorpresa», «preoccupata» e «rammaricata». Su me – ha detto – «è stato usato un linguaggio che pensavo appartenesse ad un passato del quale non possiamo certo andare orgogliosi». («Preoccupati siamo noi» le ha replicato Bonanni che già  le aveva chiesto di «non fare la maestrina»).
La battaglia quindi, ancor prima che si entri nel merito (se ne parlerà  a gennaio, ha detto il ministro) è già  avviata. E la politica si sta schierando. Favorevole al dibattito il Pdl (l’ex ministro Sacconi già  aveva provato a rivoltare la norma), favorevole anche il Terzo Polo («la Camusso ha usato un linguaggio truculento – ha detto Casini»), attendista il Pd. Le sue diverse anime si spaccano sul tema e il leader Bersani media: «Non è questo il tema centrale, la priorità  va agli ammortizzatori sociali». L’articolo 18 è un argomento che va «affrontato con calma, senza patemi» magari facendo passare un po’ di tempo «perché c’è già  qualcosa da digerire». A partire dalle pensioni.


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