America 2012, in Cerca dell’Anti Obama

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Troppo poco abitato, troppo agricolo, con una popolazione troppo bianca. A queste tradizionali anomalie che lo rendono poco rappresentativo, l’Iowa, lo Stato dal quale il 3 gennaio inizierà  la lunga stagione delle primarie per la scelta del repubblicano che a novembre sfiderà  Barack Obama per la Casa Bianca, quest’anno ne aggiunge un’altra: qui l’economia, basata sull’agricoltura anziché su industrie che emigrano verso l’Asia, va meglio che nel resto d’America: poca disoccupazione e nessun crollo di un mercato immobiliare mai toccato da «bolle» speculative.
Ma, anche se snobbato da alcuni analisti come poco significativo sul piano demografico, il test dell’Iowa è politicamente importante per tutti i candidati repubblicani che, infatti, si stanno dando battaglia setacciando lo Stato, villaggio per villaggio, dove si voterà  col meccanismo dei «caucus».
Del resto è qui che quattro anni fa cominciò la cavalcata di Obama che colse di sorpresa gli strateghi elettorali di Hillary Clinton, ingannati da sondaggi che davano l’ex first lady in testa con ampio margine. Mentre, in campo repubblicano, Rudy Giuliani fece naufragio proprio per la scelta, rivelatasi suicida, di trascurare le prime tappe della campagna delle primarie (Iowa, New Hampshire e South Carolina), scendendo in campo solo a partire dalla Florida. Dove l’ex «sceriffo» di New York arrivò già  morto.
E’ per questo che Mitt Romney, candidato dell’«establishment» economico e dei conservatori moderati, non ha mai mollato la presa su questo pezzo d’America «profonda» ed evangelica che certamente non vota volentieri per un mormone né ama la comunità  finanziaria della East Coast della quale l’ex governatore del Massachusetts è espressione.
Partito fin dall’inizio come il favorito del campo repubblicano — l’unico in grado di mobilitare, con la sua moderazione, i centristi e gli indipendenti che nel 2008 hanno votato Obama ma ora appaiono delusi — Romney ha subito diversi rovesci in un 2011 zeppo di sondaggi elettorali nei quali di volta in volta è stato scavalcato da Michele Bachmann, Rick Perry, Herman Cain e Newt Gingrich. I primi tre si sono rivelati delle meteore proiettate in alto dal desiderio dei «duri e puri» della destra evangelica e dei Tea Party di incoronare un vero superconservatore al posto di un Romney dalle troppe facce, e precipitati quasi subito al suolo davanti alla loro inconsistenza politica.
L’ascesa tardiva dell’ex «speaker» della Camera Newt Gingrich e la sua caduta a precipizio dopo un paio di settimane sembra ripetere lo stesso schema, ma Gingrich, che negli anni 90 fu il leader della Rivoluzione conservatrice che mise alle corde il presidente Bill Clinton, è un personaggio ben più coriaceo e navigato degli altri. Proprio per questo, però, ha anche molti scheletri nell’armadio. L’apparato repubblicano considera il moderato Romney più eleggibile e controllabile di un Gingrich troppo ideologico e imprevedibile. E così è partito un formidabile fuoco di sbarramento di spot televisivi, telefonate «automatiche» e spedizioni di decine di migliaia di lettere ai potenziali elettori dello Stato: tutti messaggi che denunciano l’inaffidabilità  e i «peccati» di un personaggio che si erge a guardiano dei valori familiari ma ha già  tradito e abbandonato un paio di mogli, che è contro lo statalismo ma si è arricchito coi soldi della società  finanziaria parzialmente pubblica che ha alimentato i famigerati mutui subprime, che oggi boccia la riforma sanitaria fatta da Romney in Massachusetts giudicandola simile a quella «socialista» di Obama ma che a suo tempo elogiò senza riserve «Romneycare». Attaccato anche per le sue posizioni sull’ambiente e gli immigrati clandestini, presentate come troppo «liberal», Newt è precipitato nei sondaggi in Iowa.
In una situazione così fluida i giochi sono ancora tutti da fare: ad esempio in South Carolina e in Florida, i primi Stati del Sud nei quali si voterà , Gingrich è ancora in testa. Ma forse dipende dal fatto che qui i sondaggi non sono stati ancora aggiornati. Se Romney la spunterà  in Iowa (dove gli ultimi sondaggi Cnn-Time lo danno di nuovo in vantaggio sul libertario Ron Paul e su Rick Santorum, mentre Gingrich è scivolato al quarto posto) e il 10 gennaio stravincerà  in New Hampshire (dove i sondaggi gli attribuiscono il 39% dei consensi mentre i due «campioni» conservatori Gingrich e Paul seguono lontani, tutti e due a quota 17%) il candidato mormone avrà  posto una seria ipoteca sulla «nomination» repubblicana.


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