Usa, il buon esempio
Le guerre in Iraq e Afghanistan, che sono costate mille miliardi di dollari dal 2001, sono state finanziate con fondi fuori bilancio, e classificate come spese di emergenza. Ciò significa che eliminare tali costi non incide sul bilancio. I risparmi, sostiene la commissione del Congresso, verrebbero utilizzati per la copertura di altre priorità , come l’estensione del pagamento del sussidio di disoccupazione e le esenzioni fiscali in busta paga di cui beneficiano tutti i lavoratori americani. Queste due spese sono infatti in scadenza, ovvero devono essere coperte entro la fine del 2011. Se i fondi non si trovano risparmiando altrove, la loro estensione per l’anno 2012 aggiungerebbe altri miliardi di dollari alle già disastrate finanze americane.
L’ipotesi ha scatenato un fuoco di fila da entrambi gli schieramenti. Uno dei membri democratici del supercomitato, James Clyburn, difende l’ipotesi: “Vogliamo risparmiare per continuare a garantire gli stessi livelli di sicurezza sociale per altri 75 anni, utilizzando questi soldi per creare programmi che aiutino il reingresso nel mondo del lavoro dei disoccupati, sostengano una fiscalità equa, mantengano i programmi di sussidi alimentari e di disoccupazione. Ci sono almeno 917 milioni di dollari delle missioni in Iraq, Afghanistan e all’estero in generale, che possono venire risparmiati nei prossimi dieci anni “.
L’escamotage contabile dei risparmi sulle guerre acquista preminenza, nel dibattito economico americano, con l’insediamento di Obama nel 2009. Il presidente si impegnò a terminare le guerre in Iraq e Afghanistan. Nelle sue richieste di tagli al bilancio, Obama ha ripetutamente sottolineato la necessità di risparmiare sulla guerra. All’inizio dell’autunno, i Democratici in Senato hanno avanzato l’idea di tenere audizioni per valutare l’entità del risparmio nei capitoli di spesa relativi alle basi militari che potrebbero venir chiuse, gli armamenti non più necessari e gli stipendi dei soldati all’estero.
I Repubblicani storcono il naso. Ma nelle ultime settimane, anche tra i falchi, l’idea non sembra troppo peregrina. Perché potrebbe evitare lo spettro peggiore, se la super-commissione non troverà una soluzione condivisa per la riduzione del debito: i tagli automatici che attendono il Pentagono nel 2013. Il segretario della Difesa Leon Panetta ha reso infatti noto che la cura dimagrante che il suo ministero dovrà digerire vede già un taglio di 450 miliardi nei prossimi dieci anni. Ai quali potrebbero aggiungersi altri 600 miliardi – se non di più – se l’accordo non ottiene l’ok dal Congresso entro la fine dell’anno.
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