Unesco in crisi per il sì alla Palestina “Niente soldi Usa, chiudiamo l’attività “

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Davanti al giardino della pace sul quale affaccia il palazzo parigino dell’Unesco, si combatte l’ultima battaglia. In pochi giorni, nei conti dell’agenzia dell’Onu si è aperta una voragine da 65 milioni di dollari. La rappresaglia economica degli Stati Uniti dopo il riconoscimento della Palestina da parte dell’Unesco il 31 ottobre scorso, sta già  producendo i primi effetti. «Sospensione dei programmi fino alla fine dell’anno» ha annunciato ieri la direttrice generale Irina Bukova. Per il momento si parla solo di risparmi amministrativi su contratti, pubblicazioni, viaggi, costi di comunicazioni. Ma in assenza di nuovi stanziamenti, la cura dimagrante potrebbe presto ridisegnare l’insieme delle attività  dell’agenzia. Meno ispettori in giro per il mondo per la tutela dei luoghi patrimonio dell’umanità , da Angkor a Pompei, meno programmi per l’educazione a donne e bambini, meno ricerca scientifica su sistemi di protezione da eventi climatici, come lo tsunami. «La situazione è molto difficile» ripete Bukova. Se il boicottaggio continuerà , nei prossimi due anni si rischia la bancarotta: il deficit dell’Unesco ammonterà  a 143 milioni di dollari.
“Donate now”. Con un taglio di quasi un quinto del budget annuale, l’Unesco deve reinventarsi un modo di sopravvivere. «Dopo l’annuncio degli Usa – racconta la direttrice – abbiamo ricevuto centinaia di lettere di solidarietà  da parte di privati cittadini, alcuni che vogliono anche sostenerci economicamente». Da ieri è diventata operativa una nuova pagina sul sito attraverso la quale è possibile fare una donazione. «È un fondo di emergenza che abbiamo appena lanciato, aperto a privati, governi, filantropi» spiega Bokova. L’Unesco ha chiesto nuove sovvenzioni dai paesi membri, come gli stati del Golfo, che hanno promosso il riconoscimento della Palestina. La direttrice spera anche che la decisione degli Stati Uniti sia «reversibile».
«Molti nostri progetti hanno rilevanza anche per l’America» ha sottolineato Bukova, citando il piano di sostegno ai media liberi in Iraq, in Tunisia e in Egitto, la revisione dei libri scolastici iracheni che incitano all’intolleranza, l’alfabetizzazione dei poliziotti afgani. In questi giorni, la richiesta del riconoscimento della Palestina come Stato tornerà  al Consiglio di Sicurezza e poi all’Assemblea generale dell’Onu. «Speriamo che la rappresaglia degli americani sia passeggera» commenta Giovanni Puglisi, presidente della commissione italiana per l’Unesco. «Temiamo un effetto a catena, che potrebbe ridisegnare la missione dell’Unesco» conclude Puglisi ricordando quando nel 1984 gli Stati Uniti avevano abbandonato l’Unesco accusata di essere terzomondista e filocomunista.


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