Un raggio di sole metalmeccanico

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Piove. Via Melchiorre Gioia è una striscia bagnata più grigia del solito. Ma è andata bene, come sempre. Ma questi metalmeccanici -«che ogni volta mi commuovo quando li vedo ancora lottare con forza» sgrana gli occhi una ragazza felpata FIOM elegante, – fanno sempre uno strano effetto. Nonostante 100 mila cassintegrati lombardi e 24 milioni di ore di cassa integrazione solo nel 2011, nelle manifestazioni si sta sempre al caldo, allegri, pure spocchiosi, eppure anche in diecimila difficilmente si riesce a scrollarsi di dosso un senso di straniante solitudine. Come mai? Basta alzare gli occhi al cielo per registare quel vuoto della politica contro cui sbatte la testardaggine di chi non si è ancora rassegnato a una pericolosa perdita di senso: fino a quando indignarsi, manifestare, se poi i risultati non arrivano mai, se poi nessuno ci ascolta? Ma, almeno qui in mezzo, la sensazione è che deve ancora cominciare la vera partita per difendere diritti e democrazia. Contro questo governo allo sbando, e probabilmente anche contro quello che verrà . «Non basta mandare via Berlusconi», lo sanno gli operai.
Il camioncino bianco della Fiom Lombardia non poteva scegliere luogo migliore (o peggiore) per trasformarsi in palco al termine di un corteo lungo migliaia di metalmeccanici e bandiere rosse: sotto al nuovo grattacielo della Regione Lombardia, da questa angolazione una lama di vetro e acciaio sfigurata dalla piattaforma dove decolla l’elicottero del celeste e irraggiungibile Roberto Formigoni. I metalmeccanici lombardi che ieri hanno scioperato tutto il giorno per la cancellazione dell’articolo 8, per il blocco dei licenziamenti e per riconquistare il contratto nazionale, erano lì anche per lui. Se la Regione Lombardia – che tace, e non è un bel segno in tempo di crisi – non dovesse prolungare gli ammortizzatori per il 2012 sul territorio che produce il 22% del Pil nazionale si verificherebbe un massacro sociale.
Milano non è stata molto calorosa con gli operai lombardi, li ha lasciati sfilare ma distrattamente. In corteo solo qualche studente e pochi politici, fin troppo discreti. Il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, che all’altezza di Palazzo Marino è stato salutato da Giuliano Pisapia – «bravo, così si fa il sindaco» – alla fine non fatica a scaldare i «suoi» operai con la determinazione di sempre. «Diciamo con chiarezza», ripete più volte. Che «un cassintegrato con questo governo è uguale a un cassintegrato con un governo di segno diverso», come dire che (l’eventuale) centrosinistra dovrà  dire se sarà  in grado di proporre una ricetta alternativa per uscire dalla crisi. Che guardare avanti significa investire per immaginare un nuovo prodotto industriale all’insegna della riconversione ecologica. Che il centrosinistra deve dire cosa intende fare del famigerato articolo 8 inserito nella finanziaria che cancella il contratto nazionale di lavoro; e che la Fiom è disposta a tutto per arrivare alla cancellazione di quell’articolo, «una raccolta di firme tra gli italiani perché questo non è un problema solo di lavoro ma di civilità », per arrivare anche a un referendum.
E poi, con chiarezza, facendo esplicite aperture anche alle altre forze sindacali, Maurizio Landini ha detto che bisogna arrivare al più presto a un nuovo sciopero generale. Infine, rivolto al ministro Sacconi, «ossessionato dall’idea di licenziare», ha strappato l’applauso dicendo che «il problema non è cancellare l’articolo 18 per rendere licenziabili tutti, al contrario il problema è estendere i diritti a quelli che non ce l’hanno, è superare la precarietà ».
Concetto chiave, anche per sentirsi meno soli pur essendo l’unica forza organizzata capace di fare opposizione.


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