Un passato tutto nuovo

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Solo la Lega all’opposizione. Il senato concede una fiducia bulgara al nuovo governo. Il Pdl non è contento e minaccia di staccare la spina. Udc e Pd invece gioiscono. Ma il programma è quello vecchio Riforma Gelmini, federalismo fiscale, pareggio di bilancio in Costituzione: ecco la discontinuità  ROMA
In trasferta nel campo sconosciuto del senato, la nazionale dell’impegno si presenta con due capitani, il presidente del Consiglio Mario Monti e il ministro a tutto il resto Corrado Passera. Il primo è ancora rigido nella «giacca delle conferenze» come gli dice Francesco Rutelli, il secondo sorride e si impegna nelle pubbliche relazioni. «Siamo un governo di impegno nazionale» spiega appunto Monti illustrando squadra e programma. Con una sola missione: «Riscattare il paese». La sintesi dunque sarebbe facilissima, però è impronunciabile: Forza Italia. Ma i professori, per fortuna, non son tipi da slogan facili.
Per un lungo pomeriggio fino a sera li si può ammirare nei loro banchi – finalmente larghi – del governo e apprezzarne l’estraneità  dal contesto. Le distanze probabilmente non dureranno, almeno nella forma, ma Monti non prova nemmeno a nasconderle, al contrario parla ai senatori come l’uomo venuto da Marte. È stato faticoso comporre il governo, esordisce, avendo dovuto «soddisfare le richieste delle forze politiche e nel contempo dare risposte efficaci alle gravi sfide che abbiamo davanti». Due cose, evidentemente, in contrapposizione. «Non abbiamo la supponenza dei tecnici», garantisce, ma «vogliamo aiutarvi tutti a superare una fase di dibattito molto, molto acceso». Noi e voi, noi i professionisti chiamati per risolvere il problema e voi i politici che non sapevate farlo, tutti uguali indifferentemente. «Ho l’impressione che se non si fosse trattato di un tentativo difficile a questo punto non sarei qui», dice a un certo punto il presidente del Consiglio, prima di essere inchiodato alla missione da 281 voti di fiducia.
La scena offre un partito democratico a ranghi completi, convinto e simpatetico con il nuovo governo. Stesso atteggiamento anzi di più da parte del terzo polo di Fini e Casini e, qui in senato, di Rutelli. I dipietristi sono all’opposizione con il cuore ma ben dentro la maggioranza con la ragione e i voti. Tutto al contrario dall’altra parte, nei banchi distratti del centrodestra: mai fiducia fu più glaciale. Reduci dalla riunione del gruppo e con gli squilli di guerra di Berlusconi ancora nelle orecchie, i senatori si allineano scalciando come muli. Gasparri non trova di meglio che prendersela con la casta dei professori e dei banchieri. Il Pdl è nella nuova maggioranza di unità  nazionale ma bastona governo e alleati, carezza gli ex soci della Lega. Quagliariello tira fuori dai suoi dossier una vecchia dichiarazione di Monti contro i governi tecnici. Ancora Gasparri avverte che il suo partito può «accendere e spegnere la luce del governo». Li mandiamo a casa quando vogliamo, ha detto Berlusconi, anzi «in relazione alla nostra campagna elettorale e a quello che diranno i sondaggi». Insomma, come Emma Bonino ricorda al vecchio amico Monti, «il partito delle elezioni a breve è vivo e vegeto e aspetta soltanto l’occasione».
L’occasione, se arriverà , sarà  comunque dopo che saranno state approvate le misure contenute nella famosa lettera di Berlusconi alla Ue. Monti recupera la vecchia teoria dei «due tempi» che fu la croce del centrosinistra prodiano. Risanamento prima, sviluppo poi. «Obiettivi con orizzonti temporali diversi», dice, prima «una serie di provvedimenti per affrontare l’emergenza», poi «un progetto per modernizzare le strutture economiche e sociali». E si capisce che lui sarà  il capitano del primo tempo, quello del «rigore dei bilanci», Passera quello del secondo perché la crescita è roba sua. Ma se il Pd aveva chiesto «discontinuità », sotto gli occhi di Gianni Letta accolto in tribuna ospiti dalla signora Monti e dai figli come uno di famiglia, il nuovo presidente del Consiglio offre un progetto in stretta continuità . Non solo per la lettera e gli impegni Ue. Monti annuncia che il governo darà  «rapida e rigorosa attuazione» alla riforma Gelmini. Non dimenticherà  il federalismo fiscale. E persino rilancerà  la legge costituzionale sul pareggio obbligatorio di bilancio, anzi la riporterà  alla sua originaria durezza. Sforzo vano, dunque, quello della vecchia opposizione di non pronunciare in nessun intervento il nome di Berlusconi – almeno fino al comizio del capogruppo dell’Idv alle sette e mezzo di sera.
Ed è fatale allora che gli applausi che super Mario non chiede – «preferisco che ascoltiate» – quando arrivano non sono gran cosa. Il Pd non può certo scaldarsi quando sente che le riforme colpiranno anche i «più forti», ma i forti sono «quelli che hanno la forza di associarsi», cioè i sindacati. Fortuna che il professore sa tenere a bada i leghisti: «Per quanto riguarda iniziative, complotti dei poteri forti, delle multinazionali o di superpotenze permettetemi di rassicurarvi totalmente, ma proprio totalmente». Risate. Non è un complotto. Non per questo sarà  bello.


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