by Sergio Segio | 11 Novembre 2011 8:35
Il pessimismo dilaga: Bce e Unione europea rivedono al ribasso le previsioni di crescita del Pil e temono l’affacciarsi di una nuova recessione. L’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013 Consigliata all’Italia una patrimoniale sugli immobili e imposte sui consumi per diminuire quelle sui redditi Non è solo il debito pubblico italiano a gettare l’Europa nel panico. Aumentano, infatti, i timori che l’economia reale faccia tilt, cioè cada in recessione. C’è il rischio che «le tensioni si intensifichino ancora in alcuni segmenti dei mercati finanziari» e questo rende probabile una «significativa revisione verso il basso» delle previsioni di crescita nell’area euro, è scritto nel Bollettino mensile della Bce pubblicato ieri. Secondo i banchieri di Francoforte, in questo quadro, dovrebbero attenuarsi anche le pressioni inflazionistiche. E, «il Pil dell’Eurozona dovrebbe registrare una crescita molto moderata in termini reali nella seconda metà di quest’anno, dopo la diminuzione allo 0,2 per cento rispetto al periodo precedente registrata nel secondo trimestre».
Ma non è solo la Bce a essere pessimista. Previsioni negative arrivano anche dalla Ue. O meglio, dalla Commissione europea secondo la quale nell’eurozona quest’anno la crescita del Pil sarà dell’1,5%, l’anno prossimo dello 0,5% e nel 2013 dell’1,3%. Nella Ue a 27 le percentuali sono simili: 1,6% quest’anno, 0,6% nel 2012 e 1,5% nel 2013. Rispetto alle precedenti previsioni tutti i dati sono stati rivisti al ribasso. Le nuove previsioni della Commissione europea segnalano come «la ripresa si sia fermata», ha dichiarato il commissario Olli Rehn nel presentale. Ma Rhen ha anche aggiunto di ritenere che in Europa «ci sia il rischio di una nuova recessione».
Ovviamente la revisione della Ue si è abbattuta anche sull’Italia la cui ripresa è bloccata. per quest’anno la Commissione stima una crescita del Pil dello 0,5% (0,7% le stime del governo), per il 2012 dello 0,1%, cioè saremo alla stagnazione (0,9% le stime del governo) e nel 2013 dello 0,7%. Nel terzo trimestre la crescita resterà «piatta» e si contrarrà leggermente nel quarto (-0,2% trimestre sui trimestre). Di più: a politiche invariate (cioè senza nuove manovra) l’Italia non raggiungerà il pareggio di bilancio nel 2013. La Commissione Ue prevede per quest’anno un deficit/Pil al 4%, nel 2012 al 2,3%, nel 2013 all’1,2%. Le previsioni-obiettivo del governo indicano invece rispettivamente 3,9%, 1,5% e 0,1%. Le stime si fondano sulla «piena attuazione» della clausola di salvaguardia sulle entrate previste dal «pacchetto» presentato dal governo in estate. Certo è che se l’Italia varerà nuove manovre corettive, forse sarà raggiunto il pareggio di bilancio nel 2013, ma il già modestissimo tasso di crescita si ridurrà ulteriormente. Anche perché – come si sostiene nel Rapporto – sull’andamento dell’economia italiana pesa l’aumento degli spread sui titoli di stato rispetto ai benchmark tedeschi. E se le condizioni finanziarie dovessero deteriorarsi ancora «le prospettive di crescita dell’Italia peggiorerebbero».
La Commissione europea, premesso che il rischio di una recessione «non è trascurabile», sostiene che i maggiori rischi di peggioramento delle attuali stime di crescita provengono dalle preoccupazioni per il debito sovrano, dalla fragilità del settore finanziario e dall’andamento del commercio mondiale. C’è la possibilità che si sviluppi un circolo vizioso a causa «di una dinamica di interazioni negative»: una crescita più bassa, cioè, si ripercuoterebbe negativamente sui debitori sovrani la cui debolezza pesa sulla situazione dell’industria finanziaria». Poi, per attenuare un po’ il pessimismo, la Ue afferma che se i rischi alle prospettive di crescita, indica la commissione, «sono fortemente proiettati verso il peggioramento», sono possibili anche scenari meno pessimisti: la fiducia potrebbe tornare a buoni livelli rispetto a quanto valutato, spingendo investimenti e consumi, la crescita globale potrebbe risultare più reattiva fornendo uno sbocco alle esportazioni europee, i prezzi dei prezzi delle materie prime potrebbe rafforzare redditi reali e consumi. Questo è uno scenario, comunque, alla quale oggi non si crede molto. I rischi per l’inflazione sono, invece, «largamente equilibrati».
Tornando all’Italia, tra gli impegni che la commissione europea ritiene fondamentale che assuma per rilanciare la crescita economica non ci sono soltanto misure per aumentare il grado di concorrenza e per procedere ulteriormente verso una riforma completa delle pensioni, ma anche misure per redistribuire il peso fiscale dal lavoro al consumo e alla proprietà immobiliare. Insomma, riduzione del cuneo fiscale sul lavoro (per aumentare i salari e consentire aumenti di competitività delle imprese) e una imposta patrimoniale. Anche sulla scorta di analisi e indicazioni di «policy» comunitarie, la Commissione non vedrebbe, però di buon occhio un’imposta patrimoniale fissa preferendo un intervento fiscale sulla proprietà immobiliare. L’imposta sul patrimonio, infatti, può essere una soluzione una tantum per ripristinare fiducia in situazioni di emergenza, ma se applicata per molto tempo può avere un effetto negativo sulla crescita. Secondo la Commissione, è da tempo evidente che la tassazione sul reddito è associata a una crescita più bassa mentre la tassazione su proprietà , consumi e «ambientale» hanno meno impatto sull’attività economica.
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