TUTTE LE PAROLE CHE MONTI NON HA DETTO

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Dare importanza al linguaggio e ai diversi punti di osservazione ci pare il modo giusto per attraversare questo difficile tornante. Crediamo che la politica continui ad essere “uscirne insieme”, come diceva don Milani. Per questo abbiamo chiesto aiuto a una teologa, Maria Chiara Giorda, ad un esperto di economia e finanza, Pietro Modiano, ad un economista ambientalista, Guido Viale, ad un sindacalista, Giorgio Airaudo, ad un’economista femminista, Antonella Picchio e a una scienziata, Catia Bastioli. Un dialogo ravvicinato tra competenze, storie, approcci diversificati e il presidente di Sinistra Ecologia e Libertà  Nichi Vendola.
Siamo convinti che senza un salto di paradigma culturale non se ne esce. La questione della conversione, di una nuova relazione tra economia, ecologia e democrazia per noi è vitale. La conversione come approccio alla dimensione piena del vivente, della biosfera e della capacità  di lavoro di tutti e di ognuno. Temi non nuovi ma che rischiano di essere seppelliti dalla dimensione strutturale della crisi. Come se la crisi non avesse a che fare col cosa, come e per cosa si produce. Gli osservatori delle diverse latitudini sembrano sbracciarsi per spiegare che certi argomenti, come la democrazia ad esempio, son buoni per i dibattiti di filosofia, ma che oggi tra finanza globalizzata e interdipendenze rischiano di farci perdere terreno. Quale terreno? Per fare cosa?
L’idea di una conversione ecologica, termine introdotto da Alexander Langer, appare centrale. Ha un risvolto soggettivo, etico, personale e uno oggettivo, sociale, strutturale. Rimanda a un cambiamento del nostro stile di vita, dei nostri consumi, del modo in cui lavoriamo e del fine per cui lavoriamo, del nostro rapporto con gli altri e con l’ambiente. Langer preferiva al termine ecologia quello di conversione ecologica, espressione che si ispira a una sensibilità  religiosa, al desiderio di cambiare la società  e di rendere desiderabile un mutamento negli stili di vita. Conversione, quindi, come trasformazione del contesto sociale, delle coscienze e dei comportamenti individuali.
La sobrietà , il senso del limite, la semplicità , la convivialità , ma anche un altro modello di sviluppo e un’altra idea delle politiche industriali e del paesaggio. Queste parole sono sconosciute al lessico dei tecnici al governo. E non perché la scienza sia neutrale, ma perché siamo di fronte a tecnici, diciamo così, monodisciplinari. Noi invece pensiamo che le discipline, come le tecniche, sono multiple e che dovrebbero avere a che fare, oltre che con lo spread, con la desiderabilità , la positività  e la centralità  della vita dei singoli e della comunità . È una sfida fuori dalle contingenze, dai tempi dei talk show, dal teatrino della rappresentazione politica. L’avevamo detto con un po’ di lungimiranza: senza la costruzione di un’alternativa non ci sarà  spazio né per la sinistra né per la democrazia. La polarizzazione tra populismi territoriali e tecnocrazie globalizzate potrebbe fare il resto. Proviamo ad invertire la rotta, ad interrompere l’incantesimo di una profezia che si autodetermina immaginando che oltre all’avanspettacolo di Berlusconi e il governo degli ottimati possa ancora esserci uno spazio chiamato alternativa.
* responsabile nazionale economia e lavoro Sel


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