Torna l’Ici sulla prima casa sarà una maxi-imposta comunale
ROMA – L’esenzione dell’Ici sulla prima casa è una «anomalia», come l’ha definita ieri senza mezzi termini il presidente del Consiglio Mario Monti. E dunque ritornerà . Ma non solo. Il nuovo governo intende «riesaminare il peso del prelievo sulla ricchezza immobiliare» che in Italia, rispetto all’Europa, è oggi particolarmente bassa. Si annuncia dunque una megariforma del fisco sulla casa (dunque non una patrimoniale una tantum) ma si innesterà sulla riforma del fisco federale, che introduce l’Imu, la nuova imposta municipale sugli immobili che sarà estesa alla prima casa con un gettito di 3,5 miliardi.
Tra le munizioni a disposizione anche la nuova Res, cioè la nuova tassa comunale su Rifiuti e servizi (introdotta in extremis il 24 ottobre) che peserà per il 2 per mille su tutti i residenti (proprietari e affittuari) e avrà come base imponibile la rendita catastale. Il gettito, secondo i calcoli della Uil-servizi territoriali, potrebbe essere di 2,6 miliardi.
Non è escluso che, a coronamento dell’operazione, si ritocchi anche la base imponibile sulla quale si pagano le tasse sulla casa, ovvero la rendita catastale: oggi si rivaluta del 5%, potrebbe arrivare al 10-20%. Il gettito potrebbe essere dai 3 ai 6 miliardi. L’intero pacchetto-casa è stato già oggetto di un calcolo della Cgia di Mestre, guidata da Giuseppe Bortolussi, che valuta per una abitazione media nei grandi centri un costo dai 600 ai 1.100 euro a famiglia.
L’azione sulle tasse non si esaurirà all’intervento sulla casa. In una prima fase, il presidente del Consiglio, ha parlato di modifica della «composizione del prelievo fiscale» a «parità di gettito»: meno imposte su lavoro e attività produttiva e «aumento del prelievo su consumi e proprietà » per sostenere la crescita. Assodato che la proprietà riguarda gli immobili, resta l’apertura ad un ulteriore aumento dell’Iva: oggi è al 21 e se salisse al 23 darebbe un gettito di 8,4 miliardi. Sul versante della riduzione delle imposte la coperta è corta: ma in lista d’attesa c’è l’eliminazione del costo del lavoro dall’imponibile Irap (6 miliardi) e una riduzione delle aliquote Irpef più basse fino a 28 mila euro (costo 5 miliardi). Più fiato alla crescita.
La «stella polare» resta l’emergenza e il risanamento in vista dell’imminente esame da parte della Ue. Per Monti due le linee guida: «obiettivi ambiziosi» sul pareggio di bilancio e la discesa del rapporto debito-Pil.
Su questo percorso ci sono «nell’immediato» la piena attuazione della manovra d’estate e mentre la manovra-ter per ora è solo nell’agenda: «Nel corso delle prossime settimane valuteremo la necessità di ulteriori interventi correttivi», ha detto il Professore. Sul tavolo ci sono la maggiore spesa per interessi per la tempesta degli spread (10 miliardi) e la caduta del Pil (altri 11 miliardi). Ma la vera mina è la delega assistenziale e fiscale (20 miliardi nel 2013). I mercati hanno creduto sempre poco alla misura e infatti Monti ieri ha parlato in riferimento alla delega della necessità di «interventi volti a colmare l’eventuale divario rispetto alla manovra di bilancio».
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