Terrorismo, Sacconi rilancia «Ci sono nuclei organizzati»

by Sergio Segio | 1 Novembre 2011 7:36

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ROMA — Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, rilancia. Non ci sta a passare per il furbo che, evocando lo spettro del ritorno della lotta armata in Italia, tenta di sviare il dibattito spinoso sui licenziamenti facili. Così, a tutti quelli che domenica l’avevano accusato di seminare paure inutili, ieri ha replicato con una nota molto articolata per sostenere, in sintesi, che il pericolo c’è e non va sottovalutato.
E dunque: rischio terrorismo, atto secondo. Riparla Sacconi: «Perché, secondo voi, io sono protetto con un complesso dispositivo? E perché lo sono miei collaboratori, servitori dello Stato, esponenti di maggioranza e di opposizione impegnati sui temi del lavoro, leader dei sindacati dei lavoratori e degli imprenditori? Per ciascuno di essi le autorità  hanno forse deciso sulla base di notizie precise? Niente di tutto ciò: le scorte vengono assegnate prevalentemente sulla base di analisi di contesto».
Ecco, il contesto: «I terroristi e i violenti organizzati in Italia, come dimostrano i decenni tristi che abbiamo vissuto, non sono venuti da Marte — continua il ministro del Welfare —. Li abbiamo allevati nelle nostre scuole, nelle nostre università , nelle nostre case. E con molta tolleranza politica, culturale, istituzionale. Che cosa significa ciò? Significa che il terrorismo non nasce da lucide elaborazioni estremiste prodotte all’interno del quadro politico, ma nasce dal ventre della società , da pulsioni che diventano irrefrenabili».
Pulsioni irrefrenabili, già . Come il 15 ottobre scorso. Il giorno della furia dei black bloc. «Il 15 ottobre gli indignati hanno manifestato in oltre 900 città  di tutto il mondo, ma solo Roma è stata messa a ferro e fuoco — riflette il ministro del Lavoro —. A Roma si è assistito a una violenza organizzata e pianificata: il furgone dal quale i “bravi ragazzi” hanno prelevato i loro “strumenti di lotta” (bastoni, mazze ferrate, liquido incendiario) era stato parcheggiato all’angolo tra piazza San Giovanni e viale Emanuele Filiberto fin da venerdì 14 ottobre. Quello che è successo, dunque, è sintomo sì d’insofferenza giovanile, ma indica pure che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta».
Nuclei organizzati e clandestini è forse come dire brigatisti in embrione? «Oggi in Italia non esiste (ancora…) un movimento eversivo da cui possano scaturire energie terroristiche paragonabili a quelle del passato — è la tesi centrale di Sacconi —. Quello che è successo a Roma ci dovrebbe tuttavia far riflettere sull’esistenza di spinte ribellistiche di non sottovalutabile potenzialità  eversiva. Le tossine degli anni Settanta continuano a produrre patologia politica. L’Italia oggi non vive una condizione di guerra civile. Viviamo, però, quotidianamente un dibattito politico da guerra civile».
Che cosa vuol dire? «Le parole corrono, i concetti si semplificano e si amplificano — dice il ministro —. E così contribuiscono alla creazione del contesto nel quale dalla “character assassination” è agevole passare all’intolleranza insistita fino al tentativo di violenza fisica. Marco Biagi non venne ucciso da una possente organizzazione terroristica. Fu assassinato da un gruppetto di una decina di persone (infermieri, tecnici di radiologia, precari universitari) che pensavano di fare un favore alla società , eliminando quello che anche voci non rivoluzionarie descrivevano come un nemico dei lavoratori».
Insomma, guai ad abbassare la guardia. Il segretario della Uil, Luigi Angeletti, si schiera con il ministro: «Meglio essere preoccupati prima anziché dopo». Condivide l’ex ministro del centrodestra Andrea Ronchi: «Trovo ingiusto e pericoloso scandalizzarsi per le parole di Sacconi, dopo quello che è successo a San Giovanni il 15 ottobre». Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, è ancora più preciso: «Le Brigate rosse sono state una realtà  che ha coinvolto migliaia di persone. Una realtà  che non c’è più da tempo, ma questo non tranquillizza. Perché anche un nucleo ristretto che decide di passare dall’anarcoinsurrezionalismo ad atti violenti può provocare dei lutti». Per il sostituto procuratore di Milano, Armando Spataro, esperto di terrorismo, le parole del ministro del Lavoro sono, invece, «sorprendenti e senza fondamento».
«Sacconi — è il commento duro del segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero — continua a seminare cortine fumogene per coprire le proprie malefatte antioperaie: gli unici nuclei clandestini presenti in Italia sono le P3 e le P4».

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