Sviluppo umano negato per 1,7 miliardi di poveri: il rapporto dell’Onu

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ROMA – Circa 1,7 miliardi di persone in 109 paesi vivevano in una situazione di povertà  “multidimensionale” nel decennio terminato nel 2010. Il dato è contenuto nel Rapporto sullo sviluppo umano presentato oggi dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (United Nations Development Programme – Undp). Il calcolo è basato sull’Indice multidimensionale della povertà  ed è pari a quasi un terzo dell’intera popolazione combinata delle nazioni: 5,5 miliardi. L’Indice multidimensionale di povertà  (Imp) analizza fattori a livello familiare — come l’accesso all’acqua potabile, al combustibile per cucinare e ai servizi sanitari, come pure ai beni familiari essenziali e gli standard seguiti nella costruzione delle abitazioni — che tutti insieme forniscono un ritratto più completo della povertà  rispetto alla sola misurazione del reddito. 

Un dato che si compara con gli 1,3 miliardi di persone che si ritiene vivano con 1,25 dollari al giorno o meno, la soglia adottata nei Millennium Development Goals Onu, che cercano di eliminare la povertà  “estrema” entro il 2015. Il Niger ha la percentuale più elevata di poveri multidimensionali, il 92% della popolazione, afferma il Rapporto, seguito da Etiopia e Mali, con l’89% e l’87%, rispettivamente. Le 10 nazioni più povere per Imp sono tutte nell’Africa sub-sahariana. Ma il gruppo più grande di poveri multidimensionali è nell’Asia meridionale: India, Pakistan e Bangladesh hanno alcuni dei numeri assoluti più elevate di poveri Imp. 

L’Imp illustra i problemi ambientali delle famiglie povere, compreso l’inquinamento atmosferico al chiuso e le malattie causate da fonti idriche contaminate. Il Rapporto rileva che in Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana, più del 90% dei poveri multidimensionali non possono permettersi combustibili puliti per cucinare, e fanno principalmente affidamento sulla legna da ardere, mentre circa l’85% manca dei servizi igienici essenziali. 

L’indice multidimensionale di povertà  è stato introdotto insieme all’Isu corretto per la disuguaglianza e all’Indice di disuguaglianza di genere nel Rapporto sullo sviluppo umano dello scorso anno per integrare l’Isu originale, che in quanto misura composita di medie nazionali non riflette le disuguaglianze interne. A causa di limitazioni nei dati questi indici compositi non misurano altri fattori considerati ugualmente elementi essenziali dello sviluppo umano, quali l’impegno civico, la sostenibilità  ambientale o la qualità  dell’istruzione..

 

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