by Sergio Segio | 29 Novembre 2011 9:01
Ma constatare che alcuni dei responsabili della crisi ora ci stanno guadagnando sopra produce una reazione umana quasi naturale: spegnere la tivù e scendere in piazza a protestare. Questo è facile da capire. Meno facile è capire perché la stessa cosa stia succedendo in Cile. E che importanza ha se le piazze si infiammano in Cile? In fondo è un piccolo e remoto Paese del Sudamerica e quello che succede laggiù non influenza molto il resto del mondo. È vero, ma capire quello che sta succedendo in Cile offre indizi utili per capire l’ondata di indignazione e proteste a cui stiamo assistendo in altre aree del pianeta.
I cileni avrebbero ragioni per festeggiare, non per protestare: il loro è uno dei Paesi di maggior successo al mondo. Alla fine degli anni Ottanta, il 45 per cento della popolazione era povero, oggi la percentuale è del 14 per cento. Vent’anni di crescita economica accelerata, l’aumento dell’occupazione e dei salari hanno contribuito al progresso sociale. Per di più l’inflazione, che colpisce sempre più i poveri che i ricchi, è precipitata dal 27 per cento annuo del 1990 al 3 per cento. Qualunque Paese europeo guarderebbe con invidia alle cifre dell’economia cilena. E in quasi tutte le classifiche tra nazioni il Cile si colloca ai primi posti (ed è sempre il primo tra i Paesi dell’America Latina): bassi livelli di corruzione, alti livelli di sviluppo umano, competitività , libertà economica, «connettività » e tanto altro. Eppure…
Sono mesi ormai che ci sono proteste nelle piazze. Sono esplose durante il governo precedente, quello guidato da Michelle Bachelet, e dopo le elezioni – vinte dall’opposizione – sono proseguite con il nuovo esecutivo. Tutto è partito da una protesta specifica, contro la costruzione di una diga, poi il malcontento è cresciuto di intensità , con manifestazioni di massa contro la bassa qualità e il costo elevato dell’istruzione.
In occasione di una mia recente visita al Cile ho avuto l’opportunità di chiedere al presidente Sebastià¡n Pià±era la sua opinione su questo paradosso di un successo economico accompagnato da un malessere sociale. «Io comprendo le motivazioni degli studenti che protestano», mi ha detto Pià±era. «Il Cile si è concentrato sull’incrementare a ritmo sostenuto l’accesso all’istruzione, trascurando la qualità . C’è anche un problema di costi dell’istruzione, che in proporzione dovrebbero essere coperti dallo Stato». Pià±era ha aumentato in modo sostanzioso i fondi per l’istruzione e sta cercando di riformare il sistema scolastico.
Il presidente però è cosciente che il malessere dei cileni va al di là del problema dell’istruzione. E ha ragione: secondo Latinobarometro, una società di inchieste di opinione, il Cile è il Paese dell’America Latina dove più è calata la percezione di progresso da parte dei cittadini. È anche il Paese dove più è calata la soddisfazione per il funzionamento della democrazia, e c’è una sensibile diminuzione del consenso per il «modello economico» cileno. Come si spiega tutto questo?
Ovviamente la situazione è determinata dalla storia, dalle lotte politiche e dalle personalità dei protagonisti, ma ci sono due fattori che risultano evidenti: l’aumento della classe media e la disuguaglianza economica. L’espansione della classe media produce esigenze a cui generalmente i governi non sono in grado di rispondere con la velocità o la scioltezza necessarie. Costruire una scuola o un ospedale è più semplice che migliorare la qualità dell’istruzione o della sanità . E la nuova classe media, giustamente, si aspetta che questi miglioramenti ci siano. E in fretta. Ho avuto uno scambio di opinioni con uno studente cileno che prende parte alle proteste e che è stato molto indicativo: «La mia famiglia è sempre stata povera, e ora siamo classe media. Ma il governo non fa più nulla per noi, pensa ad aiutare i più poveri o i più ricchi, gli investitori. E nulla per noi, quelli che stanno in mezzo».
È una questione di iniquità . Anche se sta diminuendo, il Cile ha un tasso di disuguaglianza economica elevatissimo. E questo tema ha fatto la sua comparsa in tutte le conversazioni che ho avuto durante la mia visita. È evidente che in Cile, come in altre parti del mondo, la coesistenza pacifica con disuguaglianza è un fenomeno del passato. Ora ridurre più rapidamente la disuguaglianza è diventata una priorità , grazie agli studenti che hanno imposto il problema all’attenzione dell’opinione pubblica, e il Paese deve essere loro riconoscente per questo.
Rimane da vedere se il governo, gli studenti e il resto della società cilena riusciranno a introdurre misure che limitino la disuguaglianza economica senza nuocere alle altre conquiste del Paese. Anche altre nazioni dovranno misurarsi con la stessa sfida; e chissà che anche da questo punto di vista il Cile non finisca per avere alcuni insegnamenti utili da offrire al resto del mondo.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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