Sottosegretari, il nodo Grilli Veto Cgil su Dell’Aringa

by Sergio Segio | 27 Novembre 2011 8:36

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ROMA — «I sottosegretari? Non sono un’emergenza. Dopo li si nomina, dopo li si paga». Il segretario del Pdl Angelino Alfano non ha fretta e l’udc Lorenzo Cesa gli dà  ragione: «La scelta dei sottosegretari non è una priorità ». Eppure la delicata trattativa tra il presidente Mario Monti, i ministri e i tre partiti interessati (l’Idv si è chiamata fuori) prosegue ormai da molti giorni. L’attesa cresce, i dubbi continuano e la lista finale non arriva (dovrebbe essere pronta per martedì). Anche perché, a monte, c’è un intoppo che pregiudica ogni certezza: Vittorio Grilli, candidato a diventare viceministro dell’Economia, non ha ancora risposto alle attese. Per superare il tracollo di entrate che subirebbe lasciando il ruolo di direttore generale del Tesoro, si sta studiando l’ipotesi di assegnargli il nuovo incarico senza costringerlo a lasciare l’altro. C’è un precedente che conforterebbe la decisione in questo senso: Guido Bertolaso era contemporaneamente capo dipartimento alla Protezione civile e sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Se si scegliesse la via del doppio incarico, Grilli sarebbe l’unico viceministro. Altrimenti ne sarebbero nominati due. Difficoltà  di natura economica che non sarebbero le uniche, a sentire il deputato pdl Giuliano Cazzola: «I tecnici di gradimento dei ministri, provenienti dalla virtuosa società  civile, si sono accorti che al governo guadagnerebbero meno».
Ma non è questo l’unico intoppo che frena una rapida soluzione della vicenda. Sul nome di Carlo Dell’Aringa, in corsa per un possibile incarico al Welfare, sarebbe infatti arrivato un veto direttamente da Susanna Camusso, leader della Cgil. Dell’Aringa — economista del lavoro, docente alla Cattolica di Milano — collaborò con Marco Biagi alla stesura del Libro bianco sul lavoro, e dopo l’omicidio del giuslavorista bolognese fu messo sotto scorta.
E poi c’è il dialogo tra i partiti, che non è facile. Per giorni ci si è confrontati sulla caratura tecnica o politica dei sottosegretari. Tra vertici fatti e smentiti, la querelle è rimasta aperta, con il Pdl contrario a politici, Pd e Udc favorevoli. Uno scontro che rischia di far finire sul banco degli imputati i partiti, accusati di spartizione lottizzatoria e manuale Cencelli e di frenare il governo. Forse anche per questo ieri è intervenuto Pier Ferdinando Casini: «Sui sottosegretari i vertici non ci debbono essere. Il premier ha un governo di natura tecnica e sa benissimo che farà  dei sottosegretari tecnici».
Eppure non è ancora del tutto tramontata l’idea di tre sottosegretari politici. Rimbalzano i nomi di Giampaolo D’Andrea (Pd), Francesco D’Onofrio (Udc), Gianluigi Magri (Udc) e Antonio Martusciello (Pdl). E altri si fanno avanti, come il giornalista ed ex senatore di An Gustavo Selva, che si è autocandidato chiamando direttamente il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata: «Non capisco perché non possano prendere me o D’Onofrio: abbiamo grande esperienza».
Una situazione che fa sbottare l’Italia dei valori, che pure appoggia questa maggioranza: «L’indegna gazzarra di alcuni partiti — dice Felice Belisario — costringe Monti a ritardi insopportabili».
La battaglia sui nomi (dovrebbero essere 25 sottosegretari e 5 viceministri) — con veti incrociati di ministri, partiti e correnti di partito — è destinata a continuare, anche se il mantra di tutti è: «Decide Monti». Tra le caselle più scottanti, c’è quella del viceministro alle Comunicazioni, ruolo che preme molto a Silvio Berlusconi. Sono in corsa Roberto Viola (gradito ad Antonio Catricalà  e Enzo Moavero Milanesi, ma non a Mediaset), Nicola D’Angelo (apprezzato dal Pd) e Vincenzo Zeno Zencovich (estensore della legge Gasparri e preferito dal Cavaliere). Nello stallo, si è fatta strada la voce che la delega resti a Corrado Passera, ipotesi che viene però smentita decisamente.
Avanza il nome di Bruno Manghi, ex sindacalista torinese di area Cisl, amico di Romano Prodi ma anche del ministro Elsa Fornero. Tra i più accreditati resta Carlo Malinconico (Editoria) e si risentono Tullio Fanelli (Sviluppo, esperto d’energia, molto vicino a Bersani) e Marta Dassù (Esteri).

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