Siria, ultimatum della Lega araba: “Basta violenze”

by Sergio Segio | 17 Novembre 2011 7:55

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Un’operazione in grande stile contro una base dell’Intelligence militare alle porte di Damasco coglie la Siria di sorpresa. La notizia corre su Internet. L’opposizione armata avrebbe assalito con razzi Rpg la sede dei servizi dell’Aeronautica a Rastan. L’Esercito libero siriano, ospitato in Turchia, rivendica l’azione. Lo stesso fa il Consiglio nazionale siriano, un gruppo di oppositori esterni a Istanbul, seguito dalla Brigata armata Khaled Ibn Walid, operativa a Homs, che invoca «la benedizione divina sull’eroico attacco». L’operazione sarebbe stata lanciata nella notte, la centrale dell’Intelligence distrutta, e i combattenti illesi.
Se questo fosse confermato, si tratterebbe di un’accelerazione con precedenti soltanto nella guerra civile degli Anni Ottanta. Tuttavia la tv di Stato è muta al riguardo. Né i residenti di Rastan interpellati hanno udito esplosioni o scontri a fuoco. L’assalto avrebbe significato solo se avesse colpito uno dei servizi segreti più temuti. Segnerebbe un salto di livello negli obiettivi dei combattenti, che finora hanno fatto vittime soprattutto fra i giovani soldati di leva (34 uccisi lunedì a Deraa, altri 8 ieri), alienandosi quella parte della popolazione stretta fra la morsa del regime e della “resistenza armata”.
Non è forse un caso se l’annuncio – più o meno fondato – coincida con la riunione della Lega araba in Marocco, capitanata dal piccolo ma ricco emirato del Qatar, oggi all’avanguardia contro la Siria, come pochi mesi fa contro la Libia. Avviene proprio il giorno in cui il Qatar avvia il dialogo con l’opposizione in esilio: l’Esercito libero e il Consiglio nazionale siriani si presentano uniti con la promessa di scalzare Assad. È ancora il Qatar a pronunciare l’ultimatum della Lega: «Tre giorni di tempo per fermare le violenze, se no scatteranno sanzioni economiche». Il ministro degli Esteri turco Davutoglu approva: «Il regime siriano pagherà  con l’isolamento».
Nelle stesse ore a Damasco le ambasciate di Qatar, Marocco, Emirati arabi, Francia sono prese d’assalto da dimostranti filogovernativi, respinti con gas lacrimogeni dopo le proteste internazionali per le aggressioni dei giorni precedenti. Parigi ritira l’ambasciatore Eric Chevalier di fronte all’inasprirsi delle violenze. Infine il Dipartimento di Stato scende in campo per la prima volta nel condannare «ogni violenza, sia del regime sia dell’opposizione». Avvisa i ribelli che il ricorso alle armi fa il gioco di Bashar Al Assad. In parole più semplici, una giovane siriana esprime lo smarrimento dei più: «Sono contro la resistenza armata e contro il regime. L’uno e l’altro ci faranno naufragare».

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