Siria sull’orlo della guerra civile: razzi contro la sede del partito di Assad

by Sergio Segio | 21 Novembre 2011 7:33

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Dopo aver colpito la sede dei servizi segreti dell’aviazione, è toccato agli uffici del Partito Baath (al potere) in uno dei quartieri più protetti di Damasco. Un commando, forse arrivato in moto, ha lanciato una granata assordante e tirato dei razzi anticarro. Pochi i danni ma grande l’effetto propagandistico. Tanto è vero che il ministro degli Esteri siriano Walid Muallem ha dapprima smentito l’attentato ma poi lo ha confermato indirettamente. Lo stesso esponente governativo, sottolineando la gravità  del momento, ha affermato: «Se ci vogliono costringere a combattere, combatteremo». Discorsi bellicosi comparsi anche in un’intervista del presidente Bashar Assad. Dopo aver versato lacrime di coccodrillo — «Sono addolorato per lo spargimento di sangue» —, ha ribadito la sua intenzione di «resistere».
La parole del regime si rispecchiano nei comportamenti sul terreno. Damasco ha finto di accettare il piano per l’invio di osservatori, poi ha opposto una serie di emendamenti respinti dalla Lega araba. E sabato è scaduto l’ultimatum lanciato dalla stessa Lega sulla fine della repressione. Il governo oppone il suo muro anche se sostiene che vi sarebbero ancora margini di trattativa. Alla pressione diplomatica segue quella degli insorti che agiscono su più fronti. A Nord ci sono gli elementi dell’Esercito libero siriano — composto da disertori — che beneficiano dell’appoggio turco. A Sudovest operano altri nuclei che hanno le loro basi nelle zone di confine libanesi. Sono ancora realtà  minori che tuttavia guadagnano punti con il trascorrere dei giorni. In queste condizioni i pericoli di una lotta tutti contro tutti sono concreti. Quanto avviene ad Homs ne è la dimostrazione. Uno scontro militari-ribelli accompagnato da molte faide, anche etniche.
Non si contano più le sparizioni, i rapimenti, gli omicidi compiuti da diverse fazioni. Nelle strade sono comparsi diversi cadaveri decapitati. Il timore di molti osservatori è che Damasco non abbia più la capacità  di imporre il suo ordine ma che neppure i ribelli (da soli) possano sperare di prevalere. Uno scenario che inquieta molti perché significa instabilità  perenne e soddisfa, invece, chi spera che la Siria resti imbrigliata nei suoi problemi e non sia più in grado di fare da sponda all’Iran.

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