by Sergio Segio | 13 Novembre 2011 8:43
ROMA – Il braccio di ferro è concluso. Alle quattro del pomeriggio Berlusconi comprende di aver perso l’ultima mano e si deve rassegnare: passa la mano al “tecnico” Monti senza condizioni. Ma per quasi due ore, durante una tesa colazione di lavoro organizzata al terzo piano di palazzo Chigi, nello studio del presidente del Consiglio, il Cavaliere tenta in ogni modo – aiutato da Angelino Alfano e Gianni Letta – di infrangere la resistenza del Professore.
Berlusconi chiede anzitutto garanzie sulla durata limitata del nuovo esecutivo, che non dovrà superare qualche mese. «Potremmo votare insieme alle amministrative – butta lì il premier uscente – magari organizzando un “election day” a maggio». Niente da fare. Monti ascolta, ma cortesemente rifiuta: «Io lavoro per arrivare fino a fine legislatura, non mi prendo una simile responsabilità per quattro mesi soltanto». È molto determinato il presidente della Bocconi. Anche quando il Cavaliere passa a discutere della composizione del nuovo esecutivo. Sebbene l’idea iniziale di Monti fosse quella di inserire alcune figure politiche di rilievo – gli stessi leader dei partiti, Bersani e Casini, oltre a Gianni Letta – per dare più forza e una maggiore tenuta parlamentare al suo governo, ormai questa ipotesi è venuta meno per i veti reciproci delle forze politiche. Bersani e Casini hanno rifiutato. E tuttavia Berlusconi insiste con la sua lista dei desideri. Al primo posto, oltre a Gianni Letta in veste di vicepremier, c’è anche la casella del ministero di Grazia e Giustizia. Da lasciare nelle mani di Francesco Nitto Palma, «che – assicura il premier – è un magistrato, quindi un tecnico anche lui, lo abbiamo appena nominato». Segue la richiesta dello Sviluppo economico, da cui dipendono le Comunicazioni. Processi e aziende, dunque. Monti si fa scudo dell’articolo 92 della Costituzione, quello che affida all’esclusiva responsabilità del capo del governo la scelta dei ministri. Compreso comunque a cosa mira quel discorso del premier, il Professore alla fine assicura di non avere «intenzioni punitive» di alcun tipo. Anzi, ribadisce che la sua presidenza sarà neutra rispetto ai partiti che la sostengono: «Io ho intenzione di mantenere un ruolo terzo». Come dire: niente vendette politiche su giustizia e Mediaset.
Berlusconi non ottiene soddisfazione nemmeno quando pretende dall’ex commissario Ue l’impegno a non candidarsi alle prossime politiche. «Non è che poi, caro professore, ce la ritroviamo candidato del centrosinistra eh?». Monti resta una sfinge. Ma proprio il timore di una candidatura Monti alla testa di un’alleanza Pd-terzo polo è stato uno degli argomenti principali che ha portato il Cavaliere a non dare retta a chi, come i La Russa e i Ferrara, gli suggeriva di andare dritto al voto anticipato. L’unica concessione il premier la ottiene sulla legge elettorale. Il governo Monti non se ne occuperà proprio, lasciando che la scottante materia, insieme alle riforme della Costituzione, sia gestita in Parlamento dai partiti. Una sorta di polizza sulla vita, che metterà il suo governo al riparo dalle tensioni più laceranti.
C’è poi la grande spina: il ruolo di Gianni Letta nel governo. Monti, tramontata l’ipotesi di un gabinetto misto di tecnici e politici, a questo punto preferirebbe che il sottosegretario non ci fosse. Lo stesso Letta, visto il rifiuto di Bersani e Casini, non vorrebbe entrare. Ma, di fronte all’insistenza del Cavaliere, il Professore non esclude categoricamente. Si fa scudo del no posto dal Pd e dal terzo polo. Un’opposizione alla fine superata dal «passo indietro» che lo stesso Letta annuncia davanti a Napolitano in serata.
Una richiesta a Berlusconi anche Monti la fa. «Le sarei grato se provasse ancora a coinvolgere la Lega». Il Professore è infatti stupito dall’atteggiamento di Bossi, assicura che lavorerà «anche per salvare le imprese e le aziende del nord». Oltretutto il nuovo presidente del Consiglio in pectore è di Varese, ha fatto le scuole lì. Il pd Daniele Marantelli lo ricorda a Umberto Bossi e Roberto Maroni quando li incrocia in Transatlantico. Berlusconi in effetti un ultimo tentativo lo farà , in un colloquio a Montecitorio con Maroni e Calderoli, ma andrà a vuoto.
Si passa poi a parlare del programma. Le priorità di Monti sono la riforma delle pensioni e un pacchetto di misure incisive che taglieranno i costi della politica. Ma anche sulla patrimoniale il Professore non esclude nulla, «se dovesse essere necessario ci sarà ». Anche se con un nome meno doloroso. Un impegno difficile da far digerire agli italiani. Per questo a Monti servirà il sostegno delle istituzioni europee. «Sono molto contento – dirà in un colloquio con un leader politico – degli attestati di fiducia che stanno arrivando da tutta Europa. Sono il miglior viatico, perché il mio impegno è quello di lavorare per un’Italia che ritrovi il suo posto in Europa». Berlusconi invece mastica amaro per i provvedimenti impopolari che anche il Pdl dovrà sostenere. A partire dalla patrimoniale. E, terminato il colloquio, quando si sfoga con i deputati Pdl, trova un motivo di consolazione: «Dopo un anno e mezzo di governo tecnico, gli italiani ci porteranno in palmo di mano».
L’ultimo giorno del Cavaliere a palazzo Chigi si chiude tra le contestazioni di piazza e le lacrime delle sue ministre. E con qualche nota di commozione da parte dello stesso Berlusconi: «Io voglio bene all’Italia e spero che Monti la risollevi. Avrò pure fatto degli errori ma li ho fatti in buona fede». Infine il sollievo per la speranza che «la tenaglia dei magistrati in questo modo si allenti».
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