Senato, cresce la fronda In tanti con Pisanu per un nuovo esecutivo

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ROMA — Mentre alla Camera si stava consumando il penultimo atto del governo Berlusconi IV, il Senato ha vissuto un’altra giornata di totale assenza di ogni attività .
La commissione Bilancio avrebbe dovuto esaminare il maxiemendamento alla legge di Stabilità  per introdurre le misure urgenti richieste dalla Ue (in modo da votarlo entro questo venerdì). Ma il provvedimento, ancora ieri sera, non era neppure arrivato a Palazzo Madama. Il presidente Antonio Azzolini l’aspetta oggi e quindi solo oggi sarà  fissato un calendario di lavoro e si saprà  quanti giorni saranno necessari perché il provvedimento venga prima votato dalla Commissione e poi dall’Aula. Non è detto però che ciò possa avvenire nei tempi brevi invocati dall’opposizione con una lettera al presidente, Renato Schifani, per chiedere la più rapida calendarizzazione del ddl.
Il pomeriggio al Senato è passato quindi in un clima quasi sospeso, ma c’è stato comunque un protagonista, sia pure dietro le quinte. Subito dopo il voto della Camera il presidente della commissione Antimafia, Beppe Pisanu, ha ricevuto decine di telefonate di senatori della maggioranza che, con motivazioni diverse, gli hanno espresso la loro contrarietà  a ogni ipotesi di elezioni anticipate.
Non che si tratti di una «corrente pisaniana». Ma, diciamo così, di una variegata «massa di manovra» di senatori disposti — dopo le dimissioni del governo Berlusconi — a sostenere un nuovo governo in modo da evitare le elezioni. Un numero comunque nutrito, che, secondo alcuni, potrebbe raggiungere addirittura una trentina di senatori.
Dopo il voto di ieri alla Camera, infatti, non è più in questione il voto di fiducia, dove a decidere sarebbero dovuti essere almeno 7-8 voti di pidiellini malpancisti. A conti fatti, se la settimana prossima Berlusconi avesse tentato la strada di un’ipotetica fiducia, la maggioranza avrebbe potuto infatti contare a Palazzo Madama ancora su una differenza di almeno una decina di senatori («abbiamo una certa maggioranza al Senato», ha ricordato lo stesso Berlusconi).
Dopo la giornata di ieri però il problema è diventato un altro: il futuro della legislatura e dello scranno parlamentare. Alcuni senatori fanno ragionamenti politici legati alla difficile congiuntura economica. Vogliono un governo solido che possa favorire la ripresa. Altri sottolineano invece la necessità  comunque di rimettere mano alla legge elettorale, prima di arrivare al voto. «In modo da evitare che le prossime liste elettorali siano messe a punto da padroni del vapore o di vaporetti», dichiara uno di loro sotto il vincolo dell’anonimato.
Circolano alcuni nomi dei senatori che non vedrebbero bene l’interruzione della legislatura in questo momento. Pisanu, naturalmente, e con lui Ferruccio Saro. Poi gli scajoliani Franco Orsi (della commissione Ambiente) e Raffaele Lauro (Affari costituzionali e Antimafia). Favorevoli a un governo di larghe intese, presieduto da Mario Monti (ma con il Pdl come principale partito) il senatore Paolo Amato, di Firenze, e il suo collega Giacomo Santini, trentino, presidente del gruppo dei parlamentari «amici della montagna», giornalista che pure aveva firmato la cosiddetta «legge bavaglio». C’è poi Esteban Caselli, senatore del Pdl eletto nella ripartizione estera e residente in Argentina, nominato giusto un anno fa nuovo responsabile del Popolo della libertà  per gli italiani nel mondo. E anche Carlo Vizzini, che è uscito pochi giorni fa dal Pdl — e che in caso di fiducia non avrebbe votato — è favorevole alla continuazione della legislatura.


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