Ribelli inquieti, due vanno all’Udc La maggioranza scende a 314 voti

by Sergio Segio | 4 Novembre 2011 7:33

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ROMA — «Se andiamo avanti così non avremo più i numeri, è come una candela che si scioglie…». L’epitaffio per la maggioranza lo scandisce Giuliano Cazzola, berlusconiano a prova di bomba che voterà  la fiducia però chiede al premier di farsi da parte: «Il muoia Sansone con tutti i filistei non mi pare intelligente». I filistei, se così si possono definire i deputati malpancisti del Pdl, non hanno intenzione di morire. Vogliono vivere politicamente e concludere la legislatura, magari così maturano anche il vitalizio. La lettera pubblicata ieri dal Corriere, con cui i sei berlusconiani dell’Hotel Hassler (Antonione, Destro, Gava, Stracquadanio, Bertolini e Pittelli) chiedono un nuovo governo, sembra aver aperto le dighe. E ora, sulla carta, il presidente del Consiglio non ha più la maggioranza assoluta. Anzi, forse il sorpasso numerico delle opposizioni è già  avvenuto. La domanda che assilla il Transatlantico è se Berlusconi cadrà  in Aula martedì sul rendiconto generale dello Stato o tra dieci giorni sulla fiducia. Ma c’è sempre la terza via, quella del «miracolo».
Altri due onorevoli del Pdl hanno annunciato l’addio al gruppo e l’ingresso nell’Udc. Uno strappo che porta il pallottoliere virtuale di Berlusconi da 316 voti, l’asticella dell’ultima fiducia, a 314. Ma se si toglie Roberto Antonione, che tre giorni fa ha lasciato il Pdl dichiarando «non voterò mai più la fiducia», ecco che si arriva a 313. E poi giù, da un incerto all’altro, fino alla cifra choc di 308 contro i 310 delle opposizioni. Sì, la candela è agli sgoccioli. Casini ha detto ai suoi che diciotto deputati di maggioranza sarebbero pronti a passare all’opposizione, con la speranza di favorire la nascita di un nuovo governo. Il tesseramento nel Pdl ha portato a galla lo scontento di chi non sarà  rieletto e chi può tenta di mettersi in salvo.
I centristi corteggiano Giancarlo Mazzuca, ex direttore de Il Resto del Carlino e deputato pdl, lui però resiste: «Sono preoccupato per la situazione di stallo, ma se il governo di larghe intese non si fa meglio votare subito. Di fronte all’emergenza ognuno di noi deve fare un passo indietro». Voterà  il rendiconto? «Sì, non voglio essere io a staccare la spina». Altri potrebbero farlo. Come si comporteranno sulla legge di stabilità  quei deputati che erano al tavolo dell’Hassler ma non hanno firmato la lettera? Guglielmo Picchi, Andrea Orsini e Paolo Russo voteranno o no la fiducia? L’onorevole Russo non ha apprezzato il tempismo della missiva, però il suo malessere è profondo. E Piero Testoni? Atteso anche lui al tavolo di Antonione e Giustina Destro, ha detto che non aveva trovato il ticket per l’aereo. Francesco Nucara non era invitato, però lo spirito è lo stesso dei ribelli di Trinità  de’ Monti: «Berlusconi faccia un passo indietro — ammonisce il repubblicano — Di fiducie ne abbiamo votate anche troppe». Di certo non ne voterà  un’altra Luciano Sardelli, che il 14 ottobre lasciò i «responsabili» per diventare la testa d’ariete di Casini nella terra di mezzo dei peones. Lui e Santo Versace volevano firmare la lettera, ma i sei duri e puri hanno deciso di limitare gli autografi ai berlusconiani doc. Lo stesso Sardelli sta preparando un documento e conta sulle firme di Enzo Scotti e Antonio Milo. Anche il voto di Calogero Mannino non sembra recuperabile. Fabio Gava negherà  la fiducia, sul rendiconto invece confermerà  il sì. Michele Pisacane voterà  la fiducia politica, mani libere sul resto.
Le voci si rincorrono tra conferme, smentite e colpi di scena. Chissà  se è vero che Roberto Marmo di Popolo e territorio ha la valigia pronta verso il misto e se Luigi Muro, ex Fli, medita sul serio di tornare nell’ovile finiano… Di certo la squadra di Adolfo Urso, quattro preziosi deputati in sosta nel gruppo misto, è in grande agitazione. È vero che sui voti hanno concertato di «decidere di volta in volta»? Andrea Ronchi nega con forza: «Noi stiamo con il governo. Però così non si può andare avanti». Antonio Buonfiglio ha confidato che Berlusconi non avrà  il suo voto e anche Giuseppe Scalìa sarebbe stufo della situazione.
In questo quadro, se confermata, la notizia di un incontro due giorni fa tra Urso e Gianfranco Fini è di quelle che possono imprimere una svolta. Il leader di Fli è molto attivo in questa partita, nel suo studio sarebbe salita anche Isabella Bertolini, la pretoriana berlusconiana che, con Giorgio Stracquadanio, ha reso esplosiva la lettera dell’Hotel Hassler. Ma a tenere i fili delle trattative con ribelli, inquieti e indecisi sono Casini e Lorenzo Cesa. Il segretario dell’Udc ha seguito minuto per minuto la gestazione della lettera e ha provato a convincere Giustina Destro a passare con lui, ma la ex sindaco di Padova parla con Montezemolo e Casini e sogna «un partito nuovo». Si vocifera anche di una telefonata di Cesa a Verdini, l’uomo dei numeri del Pdl: «È finita, Denis… Evitiamo spargimenti di sangue». Verdini sta lavorando come un pazzo per riacciuffare le sue pecorelle, ma questa volta non sembra ottimista quanto Angelino Alfano che dice di avere i numeri. Il coordinatore ha pranzato in via dell’Umiltà  con Stracquadanio e Fabio Gava e ha mostrato loro alcune lettere che ha scritto a Berlusconi, per convincerlo ad accettare la resa. Il premier non molla. Ma quando si è sparsa la voce che Maroni sta convincendo Bossi che «il voto anticipato è un massacro», altri si sono riposizionati. Il sottosegretario Elio Belcastro, Arturo Iannaccone e Americo Porfidia hanno lasciato gli «ex responsabili» e si sono attestati nel misto, per propiziare un «grande partito del sud» con Miccichè. Pippo Gianni, braccio destro del ministro Saverio Romano, nel pomeriggio dichiara che «all’80 per cento» Berlusconi non avrà  il suo voto. A sera però ritratta: «Scherzavo…». E se il Pdl sperava nella «stampella» dei sei radicali del Pd, Marco Beltrandi spazza auspici e sospetti: «Bocceremo il rendiconto e negheremo la fiducia».

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