Ribelli in aumento, la maggioranza frana nuovo appello, altri 4 pronti a lasciare

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ROMA – Quel «traditori del Paese», recapitato da Cannes ai deputati in travaglio, in poche ore ha sortito l’effetto boomerang per il Cavaliere. Chi ancora non ha lasciato, si prepara a farlo. E almeno quattro-cinque nuovi passaggi all’opposizione potrebbero essere ufficializzati nei primi giorni della settimana, proprio alla vigilia del voto di martedì sul rendiconto dello Stato in cui è in gioco la soglia vitale dei 316.
I riflettori si accendono su Pippo Gianni, Giuliano Cazzola, Giancarlo Mazzuca e Antonio Milo, come pure su Michele Pisacane. Ma dalla regia delle operazioni, ai vertici del Terzo polo, si parla almeno di un’altra dozzina in fibrillazione e di una strategia volta a centellinare le uscite, per dare la percezione dell’emorragia. Al governo viene a cadere invece la stampella radicale, sulla quale pure Verdini aveva parecchio scommesso (e lavorato). I cinque deputati guidati da Rita Bernardini valuteranno i singoli ddl ma, fanno sapere, «non voteranno la fiducia». Nel governo il nervosismo è alle stelle, Calderoli non fa nomi ma se la prende con chi, dall’interno dell’esecutivo, «rema contro», e confessa di volergli dare «una pedata prima della fine della legislatura». Per tornare poi ad attaccare l’Ue: «Mi chiedo se valga la pena restare in Europa».
Montecitorio è un cantiere aperto. I sei pidiellini firmatari della lettera del «passo indietro», guidati da Antonione e Destro, si rivedranno martedì, per un incontro aperto a chi li seguirà  e lascerà  la maggioranza nelle prossime ore. Obiettivo: decidere la linea da tenere sul rendiconto e la nascita di un nuovo gruppo. Un altro documento segue la loro scia. Lo firmano il sottosegretario Vincenzo Scotti (che non è parlamentare) e i deputati Luciano Sardelli, ex “responsabili”, e il suo collega di gruppo Antonio Milo. Fanno appello anche loro al «senso dello Stato di Berlusconi» e ne invocano un passo indietro. Plaude la Destro: «Buon segnale, spero faccia leva su altri». Sta già  accadendo: Pippo Gianni, fedelissimo del ministro dell’Agricoltura Romano, esprime tutta la sua insofferenza. «La legge di Stabilità  deve essere condivisa da tutti, ce lo chiede l’Europa – spiega il deputato Pid – Per me sarà  difficile votarla, se non conterrà  misure adeguate per il Mezzogiorno. E la fiducia in queste condizioni non posso garantirla. Anche se questo amareggerà  il mio amico Saverio Romano. Berlusconi faccia un passo indietro, con Bossi favorisca una grande coalizione alla tedesca, tutto diventerà  più facile». Gli uomini di Casini tengono aperti i canali di comunicazione con lui, per altro ex Udc. Così come con l’altro Pid, Michele Pisacane. Ma dal Pdl raccontano siano in stand-by i loro due colleghi Giuliano Cazzola e Giancarlo Mazzuca. Ex dirigente Cgil, il primo confessa di non volersi più ricandidare e dice: «Se è necessario un suo passo indietro, bisogna che Berlusconi si rassegni a farlo». L’ex direttore del Quotidiano nazionale per il momento voterebbe la fiducia, ma vedrebbe bene un governo di largo intese, «guidato da Letta». Roberto Rao, braccio destro di Casini, spiega: «Non abbiamo strumenti né voglia di fare campagna acquisti, chi ci chiama in queste ore è gente di spessore, consapevole del dramma del momento». I contatti fervono. Sul fronte opposto è rovente la batteria telefonica di Alfano, Verdini, Cicchitto e Gasparri, per recuperare gli «indisponibili», Stracquadanio e Pittelli in testa. La morte del deputato Pietro Franzoso, da mesi in coma, apre le porte di Montecitorio al capo ufficio stampa del partito, Luca D’Alessandro, uomo di Verdini, e riporta l’asticella della maggioranza a quota 315. Fallito il progetto di riconquistare alla causa Isabella Bertolini (tra i sei della lettera) sempre più ex berlusconiana: «È offensivo quel che dice il premier, il lavoro parlamentare sarà  alienante forse per lui» ribatte dopo le dichiarazioni da Cannes. Claudio Scajola ripete ai suoi che è meglio sostenere Berlusconi finché regge, per poi muoversi a crisi aperta. È un suo uomo il responsabile dell’ufficio elettorale Pdl, Ignazio Abrignani, che sottolinea: «Bislacca idea il voto a fine gennaio, vorrebbe dire presentare le liste il 23 dicembre e fare gli ultimi campagna sotto la neve, mai visto, da scartare». Gli ex Fli Urso, Ronchi, Scalia e Buonfiglio presenteranno a giorni una componente autonoma del Misto. Paolo Guzzanti prende le distanze dal suo gruppo “Popolo e territorio” («Mi fa schifo»), promette la fiducia ma pronostica: «Berlusconi cade la prossima settimana».


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