Referendum: no, grazie

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 ATENE. La rivolta del greci contro la macelleria sociale imposta da Germania, Francia, Unione Europea e Fondo monetario sembra abbia avuto ieri una grande vittoria, portando a un vicolo cieco il sistema politico e sul filo del rasoio il governo di Papandreou. Seppellita a Cannes la proposta del referendum, l’esecutivo affronta oggi l’ incerta prova del voto di fiducia, mentre il conservatore Samaras, con mossa teatrale, ha abbandonato il dibattito parlamentare per il voto di fiducia e ha chiesto le dimissioni di Papandreou, le elezioni anticipate e un «governo di transizione» con personalità  fuori dai partiti.

L’Europa, che ha temuto il voto dei francesi, olandesi, irlandesi o danesi, non può concedersi – nel mezzo della sua più grave crisi – il lusso di una consultazione popolare. E specialmente concedere a undici milioni di greci arrabbiati di bocciare la sua politica in un referendum. Papandreou ha cercato fin dalle prime ore di venerdì di vincere la sua guerra politica e personale, evitando la caduta del governo dopo l’insuccesso del ricatto del referendum, che ha spaventato le cancellerie europee e offerto una nuova occasione di speculazione contro i paesi del Sud Europa.
Da ieri pomeriggio è però molto difficile per i conservatori di Nuova Democrazia, i moderati di Alleanza Democratica e i nazionalisti di estrema destra di LAOS, chiamare di nuovo Papandreou «traditore» e «collaborazionista». Il leader di Nuova Democrazia Samaras ha cominciato per primo la ritirata, accettando di votare in parlamento l’«inevitabile» accordo del 26 ottobre tra Papandreou e il Consiglio Europeo, la finanziaria per il 2012; mascherando la sua svolta con la proposta di «formazione immediata di un governo di transizione». Papandreou ha dovuto ritirare la proposta del referendum e ha cercato per tutti il giorno di placare la rivolta dei suoi ministri, «non accetto di essere lapidato da tutte le parti mentre porto la croce». Parlando ai suoi deputati, ha lodato Samaras per la sua disponibilità  a un governo di unità  nazionale, avviando le trattative con il maggior partito di opposizione. Tuttavia ha ripetuto che le elezioni anticipate rappresentano un disastro considerando che il referendum era «una scossa salutare che avrebbe portato a risultati»; un mezzo per costringere le altre forze a votare l’accordo con l’Unione europea, con il gruppo parlamentare del Pasok a rappresentare la garanzia della stabilita della Grecia. Una linea che riproporrà  con il voto di fiducia al suo governo, cercando consensi anche tra i deputati indipendenti e fuoriusciti del Pasok.
Per il ministro delle finanze Venizelos, la sopravvivenza del governo di Papandreou allargato a Nuova democrazia sono la garanzia per risolvere le questioni politiche e finanziarie, in moda da poter incassare prima del 15 dicembre gli 8 miliardi della sesta tranche di aiuti della Ue. Nonché garanzia per votare il secondo pacchetto di salvataggio, che ha bisogno di una maggioranza di 180 su 300 deputati.
L’intenzione di Samaras di votare l’accordo tra il governo di Papandreou e l’Unione europea e la prospettiva di un governo di unità  nazionale hanno aumentato le paure della sinistra, che temono l’alleanza fra socialisti e conservatori per far passare tutti i tagli. Anche se non c’è certezza che, in caso di alleanza di Nuova denocrazia con i socialisti, la gente del partito conservatore abbandoni la protesta di piazza.
I partiti di sinistra insistono nel chiedere le elezioni anticipate per dicembre e sono nettamente contrari alla ipotesi di un governo di unità  nazionale. Per Tsipras di Syriza i tentativi di evitare le elezioni rappresentano un diversivo, perché il parlamento non rappresenta da tempo gli equilibri politici. La segretaria di KKE Papariga ha chiesto le elezioni anticipate per dicembre considerando che l’accordo tra il governo di Papandreou e l’Unione europea rappresenta il «fallimento della Grecia». Ieri sera Syriza partecipava alla manifestazione di ADEDY e oggi ha chiamato per una nuova manifestazione con il sindacato del settore pubblico a Sytnagma, mentre KKE organizzazione oggi una sua manifestazione nella stessa piazza di fronte al parlamento, avanzando la proposta di uscita della Grecia dall’euro.
La situazione finanziaria del paese è fortemente critica. I titoli di stato hanno sfondato ieri nuovi record sui timori di un default. Secondo fonti governative, «la Grecia ha risorse finanziarie solo fino a metà  del mese prossimo». L’interesse sul bond a due anni è schizzato al 107,26% mentre quello sul titolo a dieci anni è volato al 26,90%: in questo caso lo spread con l’equivalente bund tedesco è salito a 2.506 punti base. Solo dopo che il governo ha indicato l’annullamento del referendum, i rendimenti dei bond ellenici nel corso della giornata sono calati, ma restando tuttavia su livelli altissimi.


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