by Sergio Segio | 22 Novembre 2011 7:34
MADRID – Tende alla Puerta del Sol non ce ne sono più. Gli indignados per ora si sono ritirati ma continuano a discutere di politica. Bibiana Medialdea, 30 anni, professore associato di Economia all’Università di Valladolid e portavoce del movimento, pensa che alle elezioni «il movimento ha vinto e ha perso». «Abbiamo vinto – dice – perché abbiamo denunciato la legge elettorale che favorisce il bipartitismo e premia i due partiti maggiori come ingiusta e, anche grazie a noi, i partiti minori hanno avuto più consensi. Ma abbiamo soprattutto perso perché quello che arriverà adesso sarà durissimo. E se noi scenderemo in piazza contro i tagli al bilancio, Rajoy ci farà pestare dalla polizia. È cambiato tutto perché non saremo più liberi di manifestare ed io ho paura che non saremo capaci di sopportare una repressione dura come quella che applicherà il nuovo governo della destra. La maggior parte di noi non ha mai preso una manganellata in testa. Ci spazzeranno via».
Il giorno dopo il voto che ha consegnato la maggioranza assoluta al centrodestra la Spagna è ancora sull’altalena dei mercati. Rajoy è stato ricevuto con diffidenza tanto che lo spread dei titoli spagnoli è rimbalzato a 464 punti e la Borsa è scivolata sotto del 2,5%. Il nuovo leader non ha ancora detto nulla su cosa farà , né ha disegnato la squadra di governo. Il numero due del partito, Maria Dolores de Cospedal ha annunciato «austerità , ma con il consenso». Rajoy ha parlato con la Cancelliera Angela Merkel, protettore di riferimento in Europa dei Popolari spagnoli. «La Spagna è sulla strada giusta», avrebbe detto la Merkel congratulandosi per la vittoria insieme al presidente francese Sarkozy e al premier britannico Cameron. Un altro segnale per il vincitore è arrivato dai vescovi che hanno offerto «appoggio spirituale» per il difficile compito che dovrà affrontare. Il resto della giornata Rajoy lo ha trascorso discutendo dettagli e tempi del passaggio dei poteri con il governo socialista che rimarrà in carica ancora alcune settimane, il nuovo insediamento è previsto «prima di Natale», e annunciando un Congresso del suo partito per la seconda metà di febbraio.
Anche i socialisti si riuniranno a congresso all’inizio di febbraio ma il loro sarà un’accesa resa dei conti dopo una sconfitta che non ha paragoni negli ultimi trent’anni. L’aveva chiesto, il congresso, domenica sera Rubalcaba lasciato solo a gestire la sconfitta davanti alle telecamere. Zapatero ieri lo ha convocato. Ora il problema nel Psoe è l’assenza di un ricambio. La strategia disegnata in estate con l’annuncio dell’uscita di scena del segretario in carica prevedeva un risultato diverso per Rubalcaba: una sconfitta sì, ma non una disfatta. Ora il candidato strapazzato da Rajoy non ha più le carte in regola per guidare il partito. Ma nessun altro ce l’ha. Neppure Carme Chacon, la principale avversaria di Rubalcaba che quest’estate rinunciò alle primarie per il bene comune. Sotto i colpi della crisi del debito lo scenario della politica può cambiare in fretta e quello di febbraio potrebbe trasformarsi in un Congresso di transizione nell’attesa, magari, che anche il consenso al centrodestra si disintegri fra spread e disoccupazione. L’altra notte, nell’allegria della festa sotto la sede dei popolari, un militante lo affermava senza eufemismi: «O Rajoy lo risolve o finirà malissimo».
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