“Subito misure da 11 miliardi” ecco il dossier europeo su Roma

by Sergio Segio | 29 Novembre 2011 8:56

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BRUXELLES. Sedici pagine per dire che serve subito una manovra da almeno 11 miliardi di euro, per raccomandare di toccare le pensioni e l’articolo 18.E per ricordare che l’immobilismo del governo Berlusconi ha portato l’Italia a un passo dal baratro e per dare piena fiducia a Monti, la cui agenda di riforme appare ben più ambiziosa di quella faticosamente elaborata dal trio Berlusconi-Bossi-Tremonti. La firma in calce al documento è quella del commissario europeo agli Affari economici Olli Rehn. Che sull’Italia ha lavorato sodo, almeno dalla metà  di ottobre quando l’Europa ha deciso di commissariare il Cavaliere e con lui il Paese. Da allora a Roma è arrivata la lettera con 39 domande a Tremonti, si sono ripetute le missioni di monitoraggio dei tecnici Ue, per finire con la visita dello stesso Rehn di venerdì scorso. Il frutto di questo lavoro è il documento riservato dal titolo «Addressing Italy’s high-debt/low-growth challenge» – che Repubblica è in grado di anticipare – alla base del giudizio sull’Italia che questa sera sarà  pronunciato dall’Eurogruppo.
Innanzitutto si spiega come le debolezze strutturali del Paese – il debito pubblico e la bassa crescita – «sono precedenti alla crisi globale, non partono da essa». Ma nonostante le sue debolezze, «a differenza di altri Paesi, l’Italia è entrata nella crisi con un alto tasso di risparmio e con un settore bancario robusto». Cos’è andato storto allora? Roma, certifica la Ue, ha perso la fiducia degli investitori per l’incapacità  di fare le riforme strutturali evidenziata «negli ultimi dieci anni», quelli segnati dal Cavaliere, nonostante i ripetuti richiami della Ue e le condizioni economiche favorevoli.
Ora la percezione della nazione è cambiata, anche se il lavoro da fare per Monti è immane. «L’Italia deve affrontare rapidamente le sfide formidabili che ha di fronte, ma il nuovo governo ha il know-how» per farlo. E ancora, «nel formulare la sua agenda deve essere ambizioso e per invertire l’umore dei mercati le riforme chiave devono essere fatte subito». Ma alla Ue non sfugge che per ribaltare il Paese in pochi mesi serve l’appoggio dei partiti, delle parti sociali e dell’opinione pubblica. Ecco perché si consiglia al premier di «spiegare chiaramente e in modo convincente l’insostenibilità  dei costi di un fallimento e i benefici per la società  di un successo». Già , perché il rischio di default «può aumentare rapidamente in assenza di risposte adeguate» che è ancora possibile dare, visto che l’aumento degli spread sul breve periodo ha «un impatto limitato sul bilancio», ma «se restano persistenti aumentano il rischio» di crac con “ripercussioni” gravissime per tutta le moneta unica, che rischierebbe di sparire. Segue la parte tecnica. Sui conti pubblici Bruxelles conferma che il pareggio di bilancio nel 2013 «è un pre-requisito chiave per riguadagnare credibilità  e migliorare le prospettive di crescita nel medio termine», per questo chiede subito una manovra da undici miliardi e per ora non prende in considerazione la richiesta di Monti di privilegiare le riforme per la crescita vista la peggior performance del Pil.
E non potrebbe fare altrimenti, lo stesso Professore chiede di farlo dopo un dibattito a livello europeo che valga per tutti che non è ancora partito. Ergo non si scappa ai numeri: Tremonti aveva promesso di chiudere il 2012 con un deficit dell’1,6% in modo da azzerarlo nel 2013, ma la crescita italiana è stata inferiore alle sue previsioni e quindi resta un buco dello 0,7% da coprire. Undici miliardi, appunto. E visto che l’Ocse prevede che nel 2012 le cose peggioreranno ancora, nei prossimi mesi si discuterà  di nuovi interventi.
Rehn esamina nel dettaglio tutti gli aspetti della politica economica. In molti punti la pensa come Monti. Come quando chiede lotta all’evasione anche con l’abbassamento dei pagamenti in cash o con lo spostamento della tassazione dal reddito «ai consumi (Iva, ndr) e alle proprietà  (Ici, ndr)». Sulle pensioni tra le altre cose chiede «la sospensione dell’indicizzazione automatica degli assegni all’indice dei prezzi, tranne che per gli assegni più bassi, in caso di crescita negativa». In generale sulla previdenza – così come su lavoro e concorrenza – giudica l’agenda Monti «più ambiziosa» di quella di Berlusconi. Ma sul lavoro, senza citarlo, entra nel dibattito sull’articolo 18: bisogna «eliminare le rigidità » «per esempio sostituendo l’attuale sistema di protezione attraverso il reintegro obbligatorio (in vigore per le aziende con più di 15 dipendenti) con il pagamento di un’indennità  di liquidazione legata allo stipendio percepito». Sulla pubblica amministrazione, invece, l’Europa promuove il governo Berlusconi: «La riforma Brunetta va applicata integralmente». In generale le riforme approvate (poche) o promesse (molte) da Berlusconi sono la base da cui partire, ma non basta, servono interventi più ambiziosi e difficili «ridurre le vulnerabilità ». E se quello su Berlusconi era un commissariamento ad personam, sull’Italia di Monti resta in piedi il monitoraggio deciso lo scorso ottobre: ecco perché Bruxelles al governo chiede un’agenda dettagliata di riforme con tempi di applicazione ancorati a una vera e propria road map.

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