by Sergio Segio | 4 Novembre 2011 7:45
CANNES – A Francoforte taglia i tassi con una mossa a sorpresa. Al G20 di Cannes parla di regole e banche sistemiche. Il debutto di Mario Draghi sul palcoscenico internazionale si snoda tra la Germania e la Francia, in una girandola di riunioni. Alle 8 del mattino il neo presidente della Bce è già all’Eurotower, chiuso nel suo ufficio a vetrate del 35esimo piano. Alle 6 di sera entra alla Croisette, atteso dai Grandi del mondo. Nel mezzo, mentre i mercati impazzano, la situazione politica in Grecia precipita e quella italiana s’ingarbuglia, dà una sforbiciata ai tassi nella speranza di scacciare l’incubo – recessione. Meno 0,25%: non accadeva da luglio. «Una mossa inattesa ma necessaria», dice. Nel suo intimo è convinto che ora la gente – l’opinione pubblica, i mercati, i risparmiatori – vuole solo fatti.
Fa una certa impressione vederlo muoversi con sicurezza nei saloni della Bce, dove è entrato da appena due giorni. Colpisce la precisione con cui prepara una mossa per nulla scontata e che ha anzi il sapore di una sfida all’ortodossia di quanti pensano che l’Istituto debba avere solo compiti anti-inflazionistici. E’ lo stile di Palazzo Koch trapiantato in Germania. Raccontano infatti che nel chiuso del suo primo governing council, si sia presentato con in mano un’analisi macroeconomica puntuale da cui risulta che il ciclo sta peggiorando, i rischi al ribasso “si intensificano”, le prospettive di crescita di Eurolandia risentono «di una incertezza particolarmente alta». Non è recessione, ma poco di manca. Sicuramente, le stime di crescita del 2012 saranno riviste al ribasso. Come se non bastasse, le tensioni sui mercati del debito sovrano rischiano di frenare pure quel poco di sviluppo che ancora si vede all’orizzonte. «Ladies and gentlemen», questa è la realtà . «Bisogna intervenire».
Le tv a circuito chiuso lo inquadrano mentre parlotta con il nuovo governatore italiano, Ignazio Visco. In un fotogramma suona la famosa campana, il simbolo del comando della Bce. In un altro appare serissimo, al centro del tavolone della riunione, con in mano appunto le analisi-verità . Compresi quei dati sull’inflazione che stanno molto a cuore ai tedeschi e a tutto il Nord Europa: non ci sono rischi, scenderà l’anno prossimo anche sotto il 2%. E in ogni caso, la stabilità dei prezzi rimane “essenziale” nel medio termine, una “mission” storica.
Quando dà l’annuncio dei tassi, in una sala stampa gremita da 170 giornalisti, con i cameraman e fotografi che lo chiamano e lo strattonano per assicurarsi una posa speciale, si mostra sorridente e sicuro di sé. «E’ una scelta unanime», assicura. Parla in inglese. E’ più rapido e conciso del solito. E soprattutto, pare esplicito, diretto: il contrario esatto del suo predecessore, il francese Jean Claude Trichet. Scherza persino. Così, quando un giornalista tedesco prova a dirsi sorpreso per questa riduzione tutta italiana risponde ironico: «Ho grande ammirazione per la tradizione della Bundesbank. Ma lasciatemi fare il mio lavoro e verificheremo periodicamente se siamo sulla stessa linea». Inciampa solo una volta, quando parla del “tasso”, al singolare. Ma è un attimo.
Dalla poltrona di guardiano dell’euro, dove siederà per i prossimi 8 anni, ci tiene a lanciare subito messaggi precisi e a non fare sconti a nessuno, tantomeno all’Italia. Perciò, i governi «devono onorare l’impegno a consolidare i bilanci» preso in sede Ue: «Siano inflessibili». Siano anche pronti «a prendere misure supplementari». E ancora: «Sono indispensabili» le riforme del mercato del lavoro. «Vanno privatizzati i servizi». Sembrano i contenuti della missiva – diktat scritta proprio da lui e Trichet a Berlusconi, la scorsa estate. Pare la fotocopia della lettera d’intenti inviata dal governo italiano alla Ue. Invece no: «Vale per tutti». E comunque, «il board non si è concentrato» sull’Italia.
Draghi è bersagliato dalle domande. Ce n’è anche una sull’ormai famoso, controverso acquisto di titoli di stato dei paesi deboli, italiani e spagnoli in testa: «E’ temporaneo», «limitato nell’ammontare». Chiosa: «Nessuno ci costringe a comprarli: siamo indipendenti. E’ tutto». Si è parlato di spread, forse? Risposta: «No». Con questa postilla: «Serve a poco pensare che i rendimenti dei titoli di Stato possano scendere per interventi esterni. La Bce non può contenere da sola gli spread sui Btp. Il primo pilastro è nelle risposte nazionali». E della Grecia, che pensa? Uscirà dall’euro? «E’ difficile valutare gli sviluppi politici». E «l’uscita di un paese non è prevista dai Trattati».
In realtà Draghi segue eccome quel che accade ad Atene. Durante il volo che lo porta al G20 viene informato della rinuncia al referendum: si va verso un nuovo governo, forse con Papademos che è stato a lungo vicepresidente della Bce e che naturalmente conosce benissimo. Giunti a Cannes, sparisce nei meandri del G20. In serata partecipa ad un vertice su Eurolandia con Merkel, Sarkozy e Obama. Alla cena porta la lista delle banche sistemiche che devono rafforzare il capitale: c’è anche Unicredit. Oggi lascerà la presidenza del suo Financial Stability Board al governatore canadese Mark Carney.
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