“Non è il governo dei poteri forti pronti a intervenire su Ici e pensioni”

by Sergio Segio | 18 Novembre 2011 8:51

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ROMA – Il governo Monti incassa la fiducia al Senato. Dopo 44 minuti di discorso e un pomeriggio di interventi, alle 21.10 Palazzo Madama lancia «il governo di impegno nazionale» – così lo battezza lo stesso professore – con il voto di tutti i gruppi ad eccezione della Lega. Finisce 281 sì a 25 no. Un record. Oggi tocca alla Camera. Monti risponde alle critiche affermando con un filo di ironia: «Per quanto riguarda l’atteggiamento del governo circa complotti, poteri forti e superpotenze, permettetevi di rassicurarvi totalmente, anche perché le nostre modeste storie personali parlano in questo senso». E ricorda il suo operato a Bruxelles, dove da capo dell’Antitrust Ue non si è fatto amici tra multinazionali e cancellerie. Quello di Monti è un discorso che si dipana su tre direttrici: operazione verità , Europa e sacrifici. Poi ringrazia Napolitano, Schifani, Fini e Berlusconi, che gli ha «facilitato il compito».
Il premier parla di «sacrifici equi», si dice consapevole che la sua è «una missione difficilissima» e chiede alla politica di sostenerlo «per riscattare il Paese» con «provvedimenti all’altezza della situazione». Perché, assicura, con le riforme lo spread scenderà , mentre «se falliremo saremo tutti sottoposti a condizioni ben più dure». Il professore lancia il suo governo in una prospettiva di legislatura, «pretendere di risolvere tutto in poco tempo è un’ambizione eccessiva». La rivoluzione Monti rispetto all’era berlusconiana non è solo di stile, ma anche di contenuti. Niente soluzioni magiche, niente slogan, niente negazionismo. Se è vero che «la crisi è internazionale», è anche vero che «l’Italia ne ha risentito in modo particolare» per colpa delle sue debolezze strutturali.
Il passaggio più sentito è sull’Europa. Monti riporta in Parlamento temi sommersi da anni di pirotecniche promesse e invettive contro l’Ue. «Non esiste un noi e un loro, l’Europa siamo noi». E se Berlusconi era stato commissariato dall’Unione, Monti ribalta la prospettiva: non c’è bisogno che ci dicano cosa fare, lo sappiamo già . E va fatto subito perché in un clima di emergenza che il continente non viveva dal dopoguerra, «il futuro dell’euro dipende anche da quello che farà  l’Italia». Un riscatto non solo per salvare l’Ue dal dissolvimento, ma per mettere fine all’emarginazione berlusconiana dalle stanze dei bottoni: «Solo evitando di essere l’anello debole non saremo soci di un progetto europeo elaborato da paesi che hanno a cuore anche i loro interessi, tra cui non c’è sempre un’Italia forte». Magicamente il direttorio Merkel-Sarkozy con una teleconferenza torna a coinvolgere il premier italiano sui grandi temi europei. Quindi Monti rassicura sulla centralità  della politica («deve tornare ad essere il motore del Paese», «cercherò di farla riconciliare con i cittadini») e sulla difesa del Parlamento.
Poi i provvedimenti, i sacrifici. Monti conferma che valuterà  la necessità  di una nuova manovra correttiva, spinge sul risanamento dei conti abbinato alla crescita, annuncia il ritorno dell’Ici (già  promesso a Bruxelles da Tremonti), la riforma delle pensioni e del mercato del lavoro. Annuncia tagli ai costi della politica, punta sulla lotta all’evasione per abbassare «con il tempo» le tasse e sulle dismissioni. Si scommette su donne, giovani e istruzione.

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