by Sergio Segio | 8 Novembre 2011 8:03
ROMA – Come sta sindaco?
«Malissimo, non si può stare altrimenti. Sono provata».
Marta Vincenzi, 64 anni, sindaco di centrosinistra di Genova, ha un filo di voce.
Riavvolgiamo il nastro: su Genova c’era un “allerta 2”. Da quanto tempo e in che cosa consiste?
«Il 2 novembre c’era stata la comunicazione della Prefettura: da venerdì 4 alle ore 6 partirà l’allerta due. Dentro l’allerta due c’è di tutto: dalla mancanza di piogge di questa sera allo tsunami di venerdì. Abbiamo capito sulla pelle di Genova che l’allerta tre non è viene contemplato».
Che avete fatto con l’allerta 2.
«Abbiamo comunicato a tutti i giornali e i siti locali le trenta regole cui attenersi, ventiquattr’ore prima del nubifragio: i luoghi collettivi, l’evacuazione ordinata, lo spostamento ai piani superiori. Abbiamo mandato le raccomandate agli amministratori di condomini, già allertati a luglio».
Quanti allerta 2 ci sono stati durante il suo mandato.
«Almeno sei. L’alluvione del 2010, una fortissima nevicata, il ghiaccio improvviso».
Avete mai chiuso le scuole con l’allerta 2?
«Nel caso della neve, ma poi fu meno abbondante del previsto».
Appunto. Bruciata da quelle polemiche lei il 4 novembre ha scelto di non prendersi responsabilità : sui ragazzi a scuola decidano i genitori.
«Le dico una cosa che fra poche ore porterò in Consiglio comunale. Alle undici di mattina, due ore prima del disastro, il comitato di crisi ha compreso la portata del nubifragio».
E il Comune che cosa ha fatto?
«La direzione scolastica ha contattato tutti i presidi delle zone interessate chiedendo in maniera forte di tenere i ragazzi all’interno degli edifici e di portarli in zone di sicurezza».
Sta dicendo che alcuni presidi non hanno tenuto conto del vostro nuovo allarme?
«Dieci tra elementari, medie e superiori hanno lasciato liberi gli studenti. I ragazzi hanno iniziato a chiamare i genitori: veniteci a prendere, la scuola non ci tiene».
Cinque morti su sei sono da ricondurre alla necessità di riprendere i figli a scuola. Tra queste dieci scuole che non vi hanno ascoltato ci sono anche quelle dei ragazzi morti?
«Sì. Il ragazzo di quindici anni, quel maledetto venerdì, è venuto via da una scuola superiore della Valbisagno. Lui si è salvato, purtroppo è morta la sorella che era andato a prenderlo. Ma non voglio andare oltre, mi inchino davanti al dolore delle famiglie».
Anche la bimba albanese di otto anni, annegata con la sorellina e la madre nell’androne di via Fereggiano, era uscita da una scuola sorda ai vostri allarmi?
«È stata la madre, in questo caso, a insistere per prenderla. Non voglio parlare di questo, c’è troppo dolore».
Tutta colpa dei presidi, dirà in Consiglio comunale.
«Non attacco nessuno, rivelo solo elementi per fare chiarezza assoluta. E, chiuso il Consiglio comunale, tutto quello che ho nella cassa lo porterò alla magistratura. Chiedo un’inchiesta rigorosa. Mi prendo tutte le responsabilità , ma oggi servo solo come capro espiatorio. Sono responsabile, non vuol dire che sono colpevole».
Ma lei, oggi, almeno è pentita di non aver chiuso le scuole?
«Con il senno di poi avrei chiuso non solo le scuole, ma gran parte della città . Le scuole, però, non possono diventare il rifugio delle famiglie che non sanno come organizzarsi. Il bilancio poteva essere peggiore, sa: abbiamo salvato venti persone da morte certa».
A quanto ammontano i danni a Genova?
«La prima stima dice 200 milioni, probabilmente si raddoppierà ».
Il Rio Fereggiano, la bomba d’acqua che ha provocato le sei morti. I cittadini ne hanno sempre denunciato la pericolosità .
«Abbiamo tolto venticinque case dal greto, bonificato i punti peggiori. Il canale scolmatore è stato interrotto da Tangentopoli, poi non ci sono stati più i soldi. E ora è arrivata questa piena, una piena che si vede ogni duecento anni».
Bene, ma adesso che fate con il Fereggiano?
«Nei prossimi giorni, a Quezzi, il quartiere interessato, partirà un controllo casa per casa. Chi non ha l’abitabilità sarà sgombrato. Senza sconti. Sarà un’opera immane».
Hanno colpito le sue dichiarazioni sempre difensive, incoerenti: colpa dello tsunami, della gente per strada.
«Non so comunicare, è un mio limite e ora lo pago tutto. Non mi porto mai le televisioni dietro. Posso aver detto cose sbagliate, ma c’era una grande tensione».
Ha mai pensato di dimettersi, a Genova lo chiedono in molti.
«Non sono una vigliacca, andarmene ora sarebbe da vigliacchi. Solo tra qualche mese ci penserò. E così penserò se ricandidarmi».
Marta Vincenzi, si sente responsabile dei sei morti di Genova?
«Me li porterò sempre sulla pelle».
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