by Sergio Segio | 11 Novembre 2011 7:59
PARIGI – «Basta con la gerontocrazia. Assemblea nazionale e Senato non possono essere assemblee di pensionati». Arnaud Montebourg semina zizzania nel Partito socialista con la sua battaglia contro i vecchi baroni che non intendono mollare i loro seggi. Protagonista delle primarie, con un sorprendente 17 per cento che lo ha consacrato come uno dei leader emergenti della sinistra, il difensore della “demondializzazione” e della riforma istituzionale ha lanciato un’offensiva che non piace ai vertici del suo partito.
Martine Aubry non ha nascosto la sua irritazione, altri hanno puntato il dito contro i metodi inquisitori di Montebourg, che in una lettera ha citato con nome e cognome i 21 parlamentari socialisti da mettere alla porta. Altri, come Jack Lang (72 anni) hanno citato i grandi vecchi della storia francese del Novecento.
Montebourg, classe 1962, non demorde. Se Laurent Fabius gli ha ricordato di essere stato a 37 anni il più giovane primo ministro del paese, lui ha risposto piccato: «Quando è entrato in parlamento, io cominciavo il liceo». E ha spiegato di essere gentile, poiché ha scelto la soglia dei 67 anni, cioè quella applicata ai docenti universitari. Per il resto, siamo alle solite: ai parlamentari viene rimproverato di non applicare ai loro casi le leggi che impongono al resto del paese. E i funzionari pubblici, per esempio, sono obbligati da una legge ad andare in pensione a 65 anni.
La Francia non è certo un paese che rinnova la sua classe politica e da questo punto di vista l’Italia non ha niente da invidiarle: la carriera di Franà§ois Mitterrand è durata cinquant’anni; quella di Jacques Chirac 40; Valéry Giscard d’Estaing, il più giovane capo dello Stato, dopo essere uscito dall’Eliseo è stato deputato e presidente di regione, ha abbandonato gli incarichi pubblici solo nel 2004, ma a 85 anni è ancora giudice costituzionale. Tutto ciò senza parlare di chi resta per venti o trent’anni sindaco di grandi città . Secondo Montebourg, «le idee nuove non possono essere portate da una generazione che ha pensato il mondo trent’anni fa. Alcuni brigano il loro nono mandato: la politica non è un mestiere, né una rendita».
Nel mirino c’è chiaramente la “generazione Mitterrand”, quei giovani (come Martine Aubry o Franà§ois Hollande) arrivati nelle stanze del potere con il primo presidente socialista e che oggi controllano il partito e tutti i posti chiave. Un discorso con qualche tinta populista, ma che piace alla base, perlomeno se si dà retta ai commenti fioriti su Internet.
Certo, la Francia, che pure è il paese europeo con la crescita demografica più dinamica, è una nazione di vecchi se ci si limita a osservare la classe politica. In Spagna, Zapatero sta per andarsene ad appena 51 anni, David Cameron è arrivato al potere a 44 anni. Oltralpe, gli ultrasessantenni rappresentano un terzo dei deputati, addirittura più che da noi, dove non superano il 25%. E al parlamento europeo i francesi non hanno nessun deputato sotto i quarant’anni. Meno vistosa, invece l’ereditarietà dei seggi, un fenomeno che esiste ma non in proporzioni vistose come in Giappone (quasi la metà dei deputati del partito liberal-democratico sono figli o nipoti di un parlamentare).
L’offensiva di Montebourg non riuscirà a cambiare le regole. Nel Ps nessuno ha interesse ad agitare le acque interne in vista delle presidenziali. Ma il problema è posto e difficilmente la classe politica sfuggirà a un vero dibattito sull’argomento nei prossimi anni.
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