“America e Stato ebraico isolati questo voto è segno di una svolta”

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«La conquista di un seggio palestinese all’Unesco ha un valore simbolico. Quel riconoscimento, però, è anche un segnale importante: rivela un cambiamento profondo nell’opinione mondiale, l’isolamento crescente di Stati Uniti e Israele». Juan Cole, storico del Medio Oriente all’Università  del Michigan, invita a calcolare i voti espressi ieri dall’assemblea di Parigi per distillarne il significato politico. «L’ingresso della Palestina all’Unesco è stato approvato dalla stragrande maggioranza: 107 membri a favore, e soltanto 14 contrari. Siamo di fronte a un’inversione di rotta, anche rispetto a pochi anni fa».
Professore Cole, la Francia ha rotto i ranghi. Italia e Gran Bretagna si sono astenute. Lei come lo interpreta?
«È la dimostrazione che il fronte del rifiuto contro la nascita di uno Stato palestinese va sfaldandosi. Ieri si sono viste diserzioni significative, in particolare della Francia. Tutto questo annuncia due novità : la prima è la debolezza crescente, l’irrilevanza dell’America nelle questioni del mondo arabo. Per Washington, si è trattato di una sconfitta. La seconda novità  è la percezione diversa di Israele da parte della comunità  internazionale».
Che cos’è cambiato?
«Sono cambiate molte cose nell’ultimo decennio: ci sono state la guerra del Libano nel 2006, di Gaza nel 2008-2009, il blocco della Striscia, poi l’affare della Mavi Marmara con l’assalto alla nave turca della Freedom Flotilla nel 2010. Sono episodi che hanno modificato l’immagine di Israele, nel trattamento dei palestinesi. Il voto all’Unesco manifesta l’opposizione dell’America Latina, l’Africa, l’Asia, e anche parte dell’Occidente, alla politica della destra al governo in Israele».
Ma l’accesso all’Unesco non garantirà  ai palestinesi uno Stato. La loro, è una diplomazia vincente?
«Intanto, il risultato di ieri ha ramificazioni legali: se alcuni siti storici e religiosi verranno designati patrimonio dell’umanità  sotto la bandiera palestinese, questi saranno in qualche misura protetti dall’espansione delle colonie israeliane. Quanto alla strategia diplomatica, l’efficacia si vedrà  nel lungo termine. Del resto, dopo le promesse inevase di Oslo, dopo l’inconsistenza del processo di pace, una nuova generazione colta di avvocati palestinesi vuole rompere l’isolamento indirizzandosi alla comunità  internazionale».
E che risultato otterrà , secondo lei, quando il Consiglio di sicurezza voterà  il riconoscimento di uno Stato palestinese?
«Probabilmente, otterrà  niente. Servono 9 voti per una maggioranza, e i palestinesi ne hanno soltanto 8. Washington non dovrà  nemmeno opporre il veto. È una faccenda tutta simbolica. Però si capisce che il vento è cambiato. Il mondo si muove in una nuova direzione».


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