Putin in campo: “Potenze straniere contro di me”

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Mosca – È il momento delle “potenze straniere”. Forze subdole e minacciose che tramano contro la Russia e contro il suo amatissimo leader. Vladimir Putin ha tirato fuori tutta la sua grinta da combattimento per giocarsi una carta che funziona sempre bene da queste parti quando cominciano a serpeggiare il malcontento, la delusione, le prime clamorose contestazioni. Rinfrancato dall’ovazione di undicimila tesserati del suo Partito dopo i giorni dei fischi e dei sondaggi disastrosi, l’uomo più potente di Russia ha così denunciato ieri mattina il grande complotto americano e occidentale che dovrebbe risvegliare l’orgoglio patriottico degli elettori: «Alle grandi potenze straniere che cercano di condizionare il voto dei russi, dico che stanno sprecando il loro denaro».
Per spingere il popolo a unirsi sotto le bandiere del Partito, il premier ha scelto una platea a prova di fischi: il mega impianto sportivo dello stadio Luzhniki, ex Lenin, teatro di un congresso straordinario di Russia Unita. Un’idea maturata in un paio di giorni dopo i pesanti scricchiolii della sua popolarità  personale e le previsioni degli istituti demoscopici per il voto politico del prossimo 4 dicembre, dove la compagine di Putin e Medvedev è accreditata di una vittoria sicura ma incredibilmente risicata per le loro abitudini: addirittura al di sotto del 50% dei seggi in Parlamento.
Un modo geniale per uscire dall’angolo, ma niente di veramente necessario. Motivazione del Congresso straordinario era infatti il lancio della candidatura di Putin alle elezioni presidenziali del 4 marzo quando si riprenderà  per altri sei anni la poltrona al Cremlino lasciata in prestito a Medvedev. Non ci sono infatti all’orizzonte rivali attendibili: il leader comunista Zhiuganov, il populista Zhirinovskij, il bolscevico Limonov. In realtà  l’annuncio era già  stato dato solennemente in settembre ma tutto va bene per prendersi per un giorno intero tutta la scena televisiva. In fretta e furia tutti i delegati del Paese sono stati convocati d’urgenza a Mosca per applaudire a una notizia che avevano già  applaudito due mesi fa. Tutti tranne i governatori locali. La campagna elettorale in periferia è troppo importante per interromperla anche solo per poche ore.
Tirato, serissimo, senza nessuna concessione all’ironia, Putin ha dunque accusato le grandi potenze di «finanziare gli oppositori e alcune ong per cambiare l’esito del voto». Riferimento vago e non del tutto comprensibile. Ma che bastava per scatenare il boato rabbioso dei convocati contro tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani che denunciano corruzione, abusi di potere, discriminazioni. Rincuorato dal coro il premier che tornerà  presidente ha poi spiegato perché le oscure forze nemiche non vinceranno: «Perché Giuda non è il personaggio biblico più rispettato dal nostro popolo». Poi la botta finale carica di disprezzo: «Questi paesi potrebbero usare meglio i loro soldi per pagare il loro debito o per migliorare una politica estera inefficace e costosa». Chiaro riferimento agli Usa, al loro debito pubblico e al loro scudo spaziale sul quale pochi giorni fa aveva tuonato il Presidente Medvedev.
Giornalisti entusiasti, delegati rincuorati dopo settimane di paura. Un continuo ripetersi: «Vedrai che impennata nei sondaggi di domani». Basterà ? All’esterno le cose non sono del tutto rassicuranti. Mentre Putin si prendeva i suoi applausi blindati, a San Pietroburgo il suo vice Dmitri Kozak, spedito al suo posto a un manifestazione contro la droga, è stato sommerso da un concerto di fischietti distribuiti all’ingresso da centinaia di giovani. Ironici, o forse no, un paio di delegati chiedevano ai cronisti di Mosca: «Erano fischietti americani?».


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