Premier in trincea: avanti, ho i numeri

by Sergio Segio | 8 Novembre 2011 7:37

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ROMA — La crisi (virtuale) di governo è corsa sul web in mattinata, in una giornata da ottovolante. Su e giù insieme ai mercati e allo spread con i Bund (che ha raggiunto quota 490 per poi acquietarsi nel pomeriggio). All’origine di tutto, una ridda di voci sulle imminenti dimissioni del premier Berlusconi dopo un tweet (sono le 11 del mattino e il Cavaliere è in volo verso Milano) del vicedirettore di Libero, Franco Bechis, e una dichiarazione online del direttore del Foglio, Giuliano Ferrara (alle 12.24). Lo stesso Berlusconi prima fa scrivere su Facebook la smentita («Le voci di mie dimissioni sono destituite di fondamento») e alle 13.50 parlando al telefono con lo stesso Libero passa al contrattacco: «Voglio vedere in faccia chi prova a tradirmi». E rivela: «Domani (cioè oggi, ndr) si vota il rendiconto alla Camera, quindi porrò la fiducia sulla lettera presentata a Ue e Bce. Non capisco come siano circolate le voci delle mie dimissioni».
Poi, nel pomeriggio incontra «l’ambasciatore» della Lega (riunita in via Bellerio) Roberto Calderoli. La Lega avrebbe chiesto un «passo indietro» ed elezioni. Ma anche a Calderoli (che ha smentito di essere latore di questa richiesta) Berlusconi ribadisce quello che in serata dirà  telefonando a un incontro politico a Monza dove è presente tra gli altri il ministro dello Sviluppo Paolo Romani. Usando il dialetto lombardo, dichiara: «Non siamo attaccati alla cadrega (cioè alla sedia, ndr) e sono convinto che avremo la maggioranza, per fare le riforme che anche l’Europa ci chiede e che servono a rilanciare l’economia». Ha poi aggiunto: «Andiamo avanti, dobbiamo essere pronti a lottare perché se ci fosse un ribaltone con un governo, non eletto, con la sinistra, si verificherebbe il contrario della democrazia». In ogni caso il sottosegretario alla presidenza Gianni Letta — con un occhio ai mercati e riferendosi agli obblighi con la Ue — aveva già  chiarito che anche davanti a ipotetici eventi sulla sorte del governo (ma «non è che lo stia auspicando», aggiungendo l’ulteriore chiosa, «ammesso che eventi ce ne siano») cioè «anche qualora il governo guidato da Silvio Berlusconi dovesse cadere, gli impegni assunti restano invariati».
Nel pomeriggio una girandola di incontri politici e istituzionali si sono svolti a Montecitorio, a margine della presentazione di un libro del vicepresidente del Csm, Michele Vietti. Prima un colloquio di un’ora tra i presidenti della Camera, Gianfranco Fini, e del Senato, Renato Schifani. Poi Fini vede per una ventina di minuti Gianni Letta, quindi nel suo studio si reca il segretario del Pd Bersani, raggiunto dal capogruppo Franceschini, e dal leader udc Pier Ferdinando Casini. C’è anche un colloquio, informale, tra il sottosegretario Letta e Casini. E Casini dice a Letta che c’è bisogno di «fare cose di buon senso nell’interesse del Paese». Tornato a Roma, Berlusconi ha convocato il vertice del Pdl terminato all’una e mezza di notte. Uscendo, il ministro La Russa e il capogruppo al Senato Gasparri hanno dichiarato che oggi «il governo avrà  i numeri e sarà  approvato il rendiconto dello Stato». E Berlusconi nel corso del vertice avrebbe spiegato che aspetterà  il voto di oggi per decidere cosa fare. Secondo fonti vicine al premier, subito dopo incontrerà  i vertici della Lega per poi riconvocare lo stato maggiore del Pdl. Qualche sprazzo di schiarita per il governo è giunto dall’Europa. Il presidente dell’Eurogruppo Juncker ha dichiarato che a differenza di quanto avvenuto con la Grecia, «poiché l’Italia non è sottoposta ad alcun programma di aiuto, non abbiamo chiesto per l’Italia l’unità  politica nazionale».

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