by Sergio Segio | 18 Novembre 2011 7:59
Alla fine dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento proprio parlamentari e funzionari dello Stato, liberali della cerchia di Francesco Saverio Nitti e Giovanni Giolitti, furono pionieri dell’ambientalismo italiano. Rava, Rosadi, Milani, Carcano, Ruini, Parpagliolo, Sarti, Ricci erano politici influenti: parlamentari, ministri Agricoltura, Industria, Commercio e Istruzione, dirigenti al più alto livello e tecnici che per passione e competenze salvarono la pineta di Ravenna da ulteriori bonifiche, le cascate delle Marmore dal sequestro delle acque del Velino destinate alle acciaierie di Terni e le mura di Lucca. Protessero il bosco di Badia di Passignano e ripristinarono quello di Giazza dopo un’esondazione rovinosa, in dieci anni di lavoro attento. Tutelarono parchi e giardini di interesse storico e artistico e posero le basi per la creazione dei primi parchi nazionali, il Gran Paradiso e il Parco nazionale d’Abruzzo. Nitti fu ministro dell’Interno, dell’Agricoltura e del Tesoro quindi capo del governo. Attento alla gestione del territorio, soprattutto dei boschi e delle acque, appoggiò l’uso oculato delle foreste demaniali, il divieto di caccia, la difesa dell’orso marsicano e del camoscio d’Abruzzo e si oppose al taglio delle querce secolari del lago di Nemi. Berlusconi, al contrario, ha smantellato tutte le leggi approvate negli anni Sessanta-Ottanta grazie all’azione degli urbanisti, del movimento ecologista e delle prime formazioni politiche verdi. Ha tagliato i fondi del ministero dell’ambiente e ne ha ridimensionato il ruolo, ha smembrato il Parco dello Stelvio tra le province di Trento e Bolzano e la Regione Lombardia, non ha riforestato, ha approvato due condoni edilizi anche in zone pericolose, ha varato un piano che consente una cementificazione aiutata anche dalle deroghe ai piani regolatori autorizzate dalle amministrazioni di entrambi gli schieramenti. Sparite la Merli sul controllo dell’inquinamento delle acque e la Galasso sul vincolo paesaggistico e il divieto di costruzione nella fascia di rispetto dei fiumi, la difesa del suolo e la (Edo) Ronchi sullo smaltimento dei rifiuti. Rilanciato il nucleare e negato il cambiamento climatico (Giovanna Ricoveri, Micromega n.2, 2011). Certo, l’humus culturale italiano non favorisce la percezione di quanto sia importante l’equilibrio della natura, ma l’assenza di formazione ecologica nei politici non è più giustificabile. Un politico deve conoscere il ciclo dell’acqua e del carbonio, la struttura dei bacini idrografici e degli ecosistemi, la conformazione del territorio, i fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Conoscenze che sono oggi patrimonio della società civile che si oppone agli scempi autorizzati e all’incuria con lotte tenaci, laboratorio sociale per la crescita di una nuova classe politica.
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