by Sergio Segio | 14 Novembre 2011 7:39
ROMA — Silvio Berlusconi esce da palazzo Grazioli a piedi alle 18.20. Lo accoglie un boato: «Silvio / Silvio». Poi un urlo: «Non mollare / Non mollare». Bandiere tricolori che sventolano, luci delle tv, «viva Silvio». Cinquecento militanti del Pdl lo ripagano dei caroselli notturni, dei festeggiamenti, dei brindisi, degli slogan («manette / manette», «in galera») che sabato notte ha ascoltato da casa dopo le dimissioni. «Sono dispiaciuto e amareggiato per le scene viste ieri sera», ha appena confidato ai suoi. Il presidente del Consiglio dimissionario stringe qualche mano che si sporge dalle transenne. Sorride, saluta, si limita a un «Grazie, grazie a voi» e poi via, nell’auto blindata, verso Palazzo Chigi per registrare il videomessaggio.
Sparito Berlusconi, Marco Marsilio, deputato pdl (area ex An) ed ex consigliere comunale in Campidoglio, impugna il megafono che ostenta la scritta «Movimento studentesco nazionale», l’organizzazione giovanile vicina a lui e a Giorgia Meloni: «Abbiamo lavato l’onta di ieri sera, la manifestazione è sciolta». Sta in piedi su una delle fioriere che, in via del Plebiscito, delimitano l’area «libera» da quella di sicurezza davanti alla residenza privata di Silvio Berlusconi. Applausi, qualche ragazza ha gli occhi pieni di lacrime.
È domenica 13 novembre pomeriggio, primo giorno della stagione politica post berlusconiana. Il Pdl è infuriato. Per l’onta di cui ha parlato Marsilio. Cioè per le feste del Popolo Viola e di indignati vari, per le urla «adesso ad Hammamet», per le monetine lanciate. Le polemiche si sprecano e attraversano tutto il partito, che si considera politicamente offeso e colpito. Fabrizio Cicchitto, capogruppo pdl alla Camera, attacca: «Le manifestazioni che abbiamo visto sabato sera sono inaccettabili, se la sinistra dà questo tipo di retroterra alla sua presenza, ciò complica molto le cose». Daniela Santanché, leader del Movimento per l’Italia, parla di «mascalzoni» che hanno «prima organizzato e poi gioito per le violente e odiose manifestazioni davanti ai palazzi delle istituzioni. Mi auguro che ci faccia riflettere prima di stringere patti con chi vuole vedere morti Berlusconi e il Pdl». Giorgio Moles (Pdl) chiede un gesto di condanna di Napolitano contro le manifestazioni «di intolleranza e di odio politico» di sabato sera. Il suo collega di partito, Giorgio Latronico, parla di «manifestazioni vergognose».
Dal centrosinistra Walter Veltroni, del Pd, condanna «alcuni slogan e parole che considero sbagliate» ma spiega: «Credo fosse naturale che la conclusione di una stagione durata così a lungo portasse a manifestazioni popolari, lo fece anche la destra con Prodi». Nessun ripensamento dal Popolo Viola. Il portavoce Gianfranco Mascia parla per tutti: «Una festa popolare e spontanea non può essere considerata un errore. La gente ha fatto ciò che ha sentito di dover fare». Ma così non si alimenta un clima di odio, di intolleranza? «Credo che la ragione di tanta esasperazione sia ciò che è accaduto nell’ultimo anno, con la ignobile compravendita di parlamentari, l’uso delle istituzioni per interessi personali e non per i cittadini». Tutto è sembrato un processo in piazza… «No, è stata solo una festa. E così è stata percepita da tutti i corrispondenti stranieri, nessuno escluso. Non uno ha parlato di atti incivili».
Comunque, in questa domenica tocca al Pdl manifestare, sullo stesso tragitto del Popolo Viola e degli Indignati di sabato, prima il Quirinale e poi palazzo Grazioli. Ancora bandiere tricolori, e sempre l’Inno di Mameli. Ma gli slogan sono diametralmente opposti: «Elezioni subito / elezioni subito» e «Voto al popolo / voto al popolo». E poi «Berlusconi presidente». Soprattutto esordisce la prima frase anti montiana di questa nuova stagione istituzionale, ben prima che Napolitano abbia conferito l’incarico a Mario Monti: «Ma quale Monti / ma quale Amato / Ogni governo / dev’essere votato». Poi, un esplicito: «Noi Monti non lo vogliamo».
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