Perù, la battaglia di Minas Conga

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Si rivolgono direttamente al presidente Ollanta Humala, eletto solo quattro mesi fa e alle prese ormai con numerose proteste sociali: chiedono che il governo intervenga e obblighi la multinazionale statunitense Newmont Mining a sospendere l’attuazione di un progetto che costerà  5 miliardi di dollari e prevede il drenaggio di quattro bellissime lagune provocando danni ambientali e la distruzione di numerose fonti d’acqua naturali.
Che non sarebbe stata una protesta pacifica si è capito fin dal primo giorno, quando ai blocchi delle strade che portano alla miniera la polizia ha risposto con la repressione. Gli scontri hanno fatto molti feriti (tra cui uno colpito da un proiettile alle gambe). Numerosi anche gli arresti: tra cui un insegnante e un commerciante che, denuncia il Frente de defensa ambiental, una delle forze che hanno promosso la protesta, sono stati presentati dalla stampa non come manifestanti ma come delinquenti comuni. Il conflitto sembra destinato a crescere. Il responsabile del dipartimento di Cajamarca, Gregorio Santos, ha invitato il presidente Ollanta Humala a recarsi nella zona interessata dal progetto per avviare un confronto con la popolazione locale. Una sfida importante per il presidente peruviano e per il suo governo che, pur confermando l’importanza che il progetto di Minas Conga riveste per lo sviluppo economico del paese, ha ammesso che per la sua messa in opera sono necessarie delle modifiche a garanzia del rispetto dell’ambiente e delle comunità  che in quell’area vivono.
In questo senso è intervenuto anche Ricardo Giesecke, ministro dell’ambiente, con un rapporto – inviato al presidente del consiglio dei ministri Salomon Lerner – che richiede un’ulteriore valutazione sull’impatto ambientale che il progetto avrà  sulla regione di Cajamarca. Il documento critica duramente lo studio di impatto ambientale iniziale e fa carta straccia della versione firmata dal ministro di energia e miniere, Carlos Herrera, che assicurava il nulla-osta da parte del suo omologo all’ambiente. Le critiche riguardano proprio le quattro lagune che il progetto farebbe scomparire: Perol e Mala, perché verrebbero drenate a favore dell’estrazione dell’oro, Azul e Chica, perché verrebbero utilizzate come deposito di enormi quantità  di terra da riporto. La relazione precisa anche che, trattandosi di un bacino di notevole importanza, la vulnerabilità  della superficie destinata al progetto richiede un approfondito e dettagliato studio idrologico e idrogeologico. E per finire denuncia che gli 86 milioni di dollari calcolati nello studio di impatto ambientale quale valore di risarcimento per le comunità  locali, sarebbero a malapena sufficienti a compensare la mancanza di acqua con la costruzione di un serbatoio, senza prendere in considerazione l’insieme dei danni ambientali e sociali che la realizzazione del progetto di Minas Conca comporterà .
Certo è un conflitto complicato per Ollanta: anche perché attraversa il suo stesso governo, con il ministero dell’ambiente da una parte e quello di energia e miniere dall’altra. E non sarà  l’unico, perché è in agitazione l’intero settore minerario del paese – verso il quale per i prossimi dieci anni sono previsti investimenti per 45.000 milioni di euro. In un Perù dove un terzo della popolazione vive ancora in condizioni di povertà  nonostante il boom economico degli ultimi anni, la sfida è davvero grande per il neoletto presidente.


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